Il Conte II schiera 11 ministri meridionali, 8 settentrionali e 2 romani. Sette le regioni senza rappresentanza ministeriale ma tutte, tranne la Liguria, sono lontane dalle Alpi: Marche, Umbria, Abruzzo, Molise e Calabria. È comunque la Campania di Luigi Di Maio a fare il pieno (4) di caselle ministeriali. Un record che va rintracciato nel lontano Andreotti VI del 1990 quando nell’esecutivo c’erano ben 4 ministri partenopei (Vincenzo Scotti, Antonio Gava, Rosa Russo Iervolino e Paolo Cirino Pomicino): circostanza che oggi fa ben sperare il tifoso Di Maio, perché nel ’90 il Napoli vinse lo scudetto. Il caso, poi, ha voluto che i ministri nati a Potenza siano due, Luciana Lamorgese (Interno) e Roberto Speranza (Salute), mentre Roma ha dato i natali a due professori entrati nel governo, Roberto Gualtieri (Economia) e Lorenzo Fioramonti (Istruzione): il primo però aveva preso casa a Bruxelles e il secondo a Pretoria.
All’anagrafe, il governo M5S-Pd si presenta con un’età media di 47,4 anni (50 anni il Conte I) e dunque batte, seppure di poco, il record di «governo più giovane della storia repubblicana» stabilito dall’esecutivo guidato da Matteo Renzi (47,8 anni). La qualifica di mascotte va a Di Maio (33 anni) e quella di senior alla neo ministra Lamorgese (66 anni). Mentre 15 mesi fa il professor Conte imbarcò, seppure in una casella corretta dal Quirinale, Paolo Savona che di anni ne aveva 82. Oltre al neo ministro degli Esteri, gli under 40 sono due: Fabiana Dadone (Pubblica amministrazione) e Giuseppe Provenzano (Sud) che è cresciuto tra San Cataldo e Milena (Caltanissetta) ma poi ha studiato al collegio Sant’Anna di Pisa.
Le donne sono 7 su 21, nel Conte I erano 5 su 20: gli equilibri di genere non si sono sbloccati. «Sette ministre su 21, un governo così non ci piace», osserva il sindaco di Milano Beppe Sala: «Non per fare la solita retorica ma questo mi sembrava il momento in cui serviva un segno. Non sono soddisfatto». E anche Lella Golfo, presidente della Fondazione Bellisario, esprime la sua parziale delusione: «Avevamo rivolto un appello a Conte per assicurare il 50 per cento di donne e così non è stato ma siamo orgogliosi che abbia recepito la nostra proposta di ripristinare il ministero delle Pari opportunità». I laureati, poi, sono 16 su 21.
I ministri del Conte II sono 21 (contro i 18 del Conte I): oltre alle citate Pari opportunità (che vanno ad Elena Bonetti, renziana, ex capo scout Agesci, nonché docente universitaria di matematica) c’è anche l’Innovazione (per Paola Pisano, assessore della giunta Appendino, che sarebbe il primo ministro a mostrare in pubblico un piccolo piercing). La Famiglia è stata accorpata alle Pari opportunità, il Lavoro scorporato dallo Sviluppo economico e il Turismo, dopo la coabitazione con l’Agricoltura voluta dal leghista Centinaio (fotografato in pantaloncini mentre esce dal ministero di via XX settembre), torna ai Beni culturali. Due neo ministri hanno liberato altrettante poltrone: il responsabile della Difesa, Lorenzo Guerini, lascia il posto di presidente del Copasir (che per legge va all’opposizione) al suo vice, Adolfo Urso di Fratelli d’Italia. Il veneto Federico D’Incà (Rapporti con il Parlamento) libera invece una poltrona di questore della Camera cui aspirerebbe il Pd.
Il tasso di «recidiva» (chi ha già avuto incarichi di governo) è basso: 5 ministri del M5S più il sottosegretario Fraccaro; 4 ministri del Pd che schierano come veterano Dario Franceschini (presente nei governi D’Alema II, Amato II, Letta, Renzi, Gentiloni). I complimenti «con le stellette» li ha ricevuti il neo ministro della Difesa Guerini: «Stappo e brindo al passato e scampato pericolo», ha detto il generale Leonardo Tricarico. Tra le prime «rampogne» quella del governatore lombardo Attilio Fontana contro il ministro per gli Affari regionali, il bocconiano Francesco Boccia: «Per l’autonomia ha sempre usato parole pesanti…».