Era prevedibile che questa crisi di governo costasse a Salvini e al suo partito consensi e credibilità. E così è stato. È quanto risulta dal sondaggio Winpoll-Sole 24 Ore. Alle europee la Lega aveva preso il 34,3%, nel sondaggio del 30 luglio era stimata al 38,9%, e oggi è scesa al 33,7%. È presto per dire se questo dato rappresenti una battuta d’arresto oppure la fine di un ciclo.
Ci vorranno conferme. E non dipenderà solo dalla Lega. Dipenderà molto da come verrà risolta questa crisi e dalle politiche che verranno attuate da un eventuale nuovo governo. Intanto c’è da rilevare che il M5s recupera rispetto al sondaggio di Luglio e il Pd conferma la crescita che si era già manifestata negli ultimi mesi. Né l’uno né l’altro però beneficiano significativamente del calo della Lega. In proporzione lo fa di più Fdi.
A parte le intenzioni di voto, il dato più interessante riguarda le preferenze degli elettori rispetto alle soluzioni della crisi. La maggioranza relativa (il 41%) vorrebbe tornare al voto in autunno. Questo dato nasconde però una netta differenza tra destra e sinistra. Solo il 21% degli elettori del Pd vorrebbero le urne mentre il 62% preferisce un governo con il M5s. Dall’altra parte l’83% degli elettori della Lega vogliono le elezioni insieme a quelli di Fdi e di Forza Italia. In mezzo si collocano gli elettori del Movimento. Solo il 22% vuole il voto in autunno, mentre il 43% preferisce un governo con il Pd. Questi ultimi non sono la maggioranza assoluta, ma non sono pochi. Fino a poche settimane fa erano molti meno. Sono pochissimi invece gli elettori della Lega (solo il 7%) che preferiscono tornare al governo con i Cinque Stelle e altrettanti pochi sono gli elettori M%S (16%) che vorrebbero tornare con la Lega.
Questi dati inglobano certamente una componente emotiva legata all’andamento della crisi. Però, nel loro complesso segnalano dei cambiamenti in atto. Qualcosa si è rotto tra gli elettorati di M5s e Lega, mentre tra Pd e M5s non sembra esserci più quella distanza abissale che esisteva fino a poco tempo fa. Questo dato è in sintonia con un fenomeno che avevamo già fatto notare in passato. L’alleanza con la Lega ha fatto perdere al M5s una larga fetta del suo elettorato più orientato a destra. Gli elettori rimasti sono largamente elettori di sinistra, molti dei quali però hanno maturato nel tempo una avversione viscerale per il Pd. È un atteggiamento che persiste e che pesa sulle trattative in corso. È difficile cancellare in pochi giorni sentimenti negativi profondamente radicati soprattutto tra i militanti. E questo serve a spiegare perché tra gli stessi elettori del M5s, che pure sono in maggioranza (relativa) favorevoli a un governo con il Pd, solo il 34% crede che un tale governo possa durare tutta la legislatura mentre il 37% pensa che durerà pochi mesi. Molto più ottimisti sono invece gli elettori del Pd.
Oggi un esecutivo M5s-Pd non è più una ipotesi fantascientifica. Forse sarà necessario un governo intermedio prima di arrivare ad una alleanza organica. Ma quale che sia il governo, dovrebbe evitare due errori. Il primo è quello di dimenticare che i temi che hanno fatto crescere la Lega di Salvini dal 4 a oltre il 30% sono temi popolari. Tasse, immigrazione, sicurezza e sovranità sono questioni che generano largo consenso. Sono i temi vincenti di Salvini. Quelli su cui si è costruito una credibilità a prova di passi falsi. Sarà un compito non facile del prossimo governo, se nascerà, declinare queste preoccupazioni degli italiani in politiche che, pur tenendo conto di sensibilità diverse, non diano l’impressione di una brusca discontinuità. Il secondo errore è quello di farsi ammaliare dalle sirene del proporzionalismo pur di fermare l’avanzata della destra. Il taglio dei parlamentari non deve essere l’alibi per eliminare dal Rosatellum quel poco di maggioritario che c’è.
Ma non bastano i numeri di un sondaggio a cambiare le cose. Non è affatto detto che M5s e Pd riescano a elaborare in poco tempo una piattaforma comune per un governo di legislatura. E le notizie di queste ore confermano i dubbi. Al di là delle differenze politiche e programmatiche resta il problema di come gestire la transizione da un governo all’altro e il retaggio di vecchie ruggini. Ma il fatto che i due partiti abbiano iniziato a dialogare non è irrilevante, comunque vadano le cose. Se dovessero trovare un accordo si aprirebbe una fase nuova della politica italiana con riflessi importanti anche a livello locale. Inoltre, se l’accordo fosse solido e premiato dagli elettori un ritorno al bipolarismo non sarebbe impossibile. Se fallissero le conseguenze sarebbero altrettanto rilevanti. Un nuovo governo M5s-Lega non è ancora da escludere del tutto. L’alternativa sono le elezioni. E in questo caso tutto quello che è stato scritto sugli errori del leader della Lega andrebbe completamente rivisto. Diventerebbe di colpo un genio della politica. Voleva le elezioni e le ha avute, dopo aver fatto credere a tutti di avere fatto una frittata. E sarebbero elezioni che vincerebbe meglio di quanto sarebbe successo se Pd e M5s non avessero cercato invano un accordo. Gli elettori sono mobili.