È subito faccia a faccia tra Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti nella prima delle cinque giornate concesse dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella per trovare intese solide da presentare martedì al Quirinale. E subito il confronto, che pure nelle ore precedenti aveva mostrato segnali di dialogo in mezzo a distinguo e dissociazioni varie, si incaglia su quello che, insieme al taglio dei parlamentari, è uno dei due nodi da sciogliere se Pd e M5S vogliono costituire un governo: il destino del premier uscente Giuseppe Conte.
Per Di Maio il nuovo esecutivo dev’essere guidato ancora dall’avvocato pugliese, per Zingaretti invece «serve discontinuità». La divaricazione è netta, ma il clima non è da rottura. Il confronto a ora di cena, durato circa un’ora, viene definito costruttivo. E da entrambe le parti traspare la volontà di andare avanti per approfondire criticità e convergenze.
In via preliminare si tratta di verificare se sul nome di Conte può davvero saltare tutto (significativo l’intervento ad hoc di Beppe Grillo che lo definisce «l’elevato») o se, usato come candidato di bandiera, concesso l’onore delle armi per aver chiuso alla Lega, il M5S ne faccia moneta di scambio per arrivare a concordare con il Pd l’identikit di chi sarà il premier dell’eventuale governo giallorosso. Le voci di una proposta di Di Maio su Gentiloni commissario europeo sono smentite dai due partiti. Che spiegano: si è parlato soltanto di Conte.
Intanto, ieri pomeriggio dal primo incontro fra le delegazioni dem e 5 Stelle i protagonisti sono usciti parlando di «clima costruttivo» (Francesco D’Uva, capogruppo M5S alla Camera) e dell’ assenza di «ostacoli insormontabili» (Andrea Orlando, vicesegretario Pd). Sul taglio dei parlamentari, il Pd concede un sì di massima, anche se chiede «garanzie costituzionali», mentre i 5 Stelle rassicurano il possibile alleato negando «altre interlocuzioni aperte». Sono piccoli segnali di apertura reciproca in una giornata caratterizzata da «slabbrature» in entrambi i fronti. In casa dem, spunta un audio di Matteo Renzi che accusa pesantemente il presidente Paolo Gentiloni di voler sabotare il dialogo. Tra i 5 Stelle Alessandro Di Battista semina dubbi giudicando una «buona cosa» le aperture della Lega.
È evidente che, mentre si sta lavorando a un forno nuovo, non è ancora chiuso quello vecchio. E il leader della Lega Matteo Salvini cerca di infilarsi: «Le vie del Signore e della Lega sono infinite, perché rivedere al governo Renzi e Boschi non è accettabile». Ma lo spazio di manovra appare limitato se Manlio Di Stefano (M5S) replica che con l’ex alleato non si può costruire niente perché «ha tradito ed è inaffidabile».