Crescita zero sul mercato interno, stima Federmacchine. Primo trimestre in rosso dal lontano 2013, indicano gli industriali di Vicenza. Ricavi manifatturieri fermi per l’intero 2019, prevedono Intesa Sanpaolo e Prometeia. Analisi e indicazioni in arrivo da associazioni di categoria, territoriali e centri studi sono quasi unanimi, perché se è vero che cambiano sfumature e decimali non si modifica in realtà il senso di fondo del messaggio: l’economia è al palo.
Rallentamento, sottolineato ieri anche dal presidente della Bce Mario Draghi, che sarà manifesto nei bilanci 2019 delle aziende ma che già lo scorso anno ha iniziato a palesarsi. Per effetto di una brusca riduzione dei ricavi evidenziata nella parte finale dell’anno, acuita per alcuni comparti (fornitura meccanica e componentistica) dalla decisa riduzione delle commesse legate all’auto in arrivo dalla Germania.
Lo dimostra la prima analisi strutturata sui numeri 2018, osservatorio Cerved che prende in esame 173mila bilanci depositati dalle imprese.
Massa di dati robusta che offre indicazioni di rallentamento unanimi, sia in termini di ricavi che di redditività: quest’ultima tornata a contrarsi interrompendo un recupero iniziato nel 2013. Nella media, le vendite delle imprese crescono del 3,6%, tasso inferiore di oltre un punto rispetto all’anno precedente, gap che diventa ancora più ampio per il settore industriale, i cui ricavi lievitano del 3,9% dopo il +6,1% del 2017.
L’andamento del valore aggiunto segue la tendenza del fatturato, con un leggero rallentamento del ritmo di crescita (+3,9% tra 2018 e 2017 contro il +4,6% tra 2017 e 2016) che si verifica nonostante la frenata dei costi delle materie prime. L’incremento del costo del lavoro degli ultimi anni ha portato la redditività lorda a crescere più lentamente rispetto ai ricavi. Tendenza riproposta nel 2018, con il Mol calato di un decimale in rapporto al fatturato, attestandosi al 5,9% e distante di 1,4 punti dai livelli 2007.
Politica monetaria espansiva e minore indebitamento mediano delle imprese negli anni hanno provocato un calo dell’incidenza degli oneri finanziari sui ricavi, ora (0,3%) arrivata tuttavia ad un livello difficilmente comprimibile. Viene quindi meno nel 2018 questa spinta alla redditività netta, che anche per effetto della decelerazione dei ricavi torna a contrarsi per la prima volta dal 2013.
«La sensazione – spiega l’ad di Cerved Andrea Mignanelli – è che queste tendenze già registrate lo scorso anno in termini di minore redditività e minor dinamicità dei ricavi potranno accelerare nel 2019, anno in cui vi sarà un probabile aumento del numero di aziende in perdita. Del resto, guardando l’aumento delle liquidazioni volontarie e l’interruzione del trend di discesa dei fallimenti, l’indebolimento del sistema è già ben visibile».
Anche se parlare di allarme sarebbe eccessivo, già osservando i dati 2018 risulta in lieve aumento la quota di imprese in “rosso”, che tra le microimprese si attesta al 20,8% (contro il 20,1% del 2017) e tra le Pmi al 16,2% (contro il 15,9%), mentre le grandi fanno registrare un miglioramento di sette decimali al 14,4%.
In frenata è per converso come detto la redditività media, con un Roe sceso dal 10,3% del 2017 al 10,2% del 2018, prima inversione di rotta in un percorso di crescita ininterrotto dal 2013. Risultato in realtà di andamenti diversi. Perché così come accaduto nel corso della crisi, anche ora si assiste ad una progressiva polarizzazione dei risultati con percorsi divergenti tra aziende in difficoltà e “campioni”. Per tutte le fasce dimensionali è infatti in crescita la quota di aziende con margini lordi negativi (tra il 14 e il 19%) mentre le realtà in utile continuano ad aumentare i profitti lordi, tra il 3,9 e il 6,5% a seconda delle dimensioni.
Tra 2017 e 2018 i debiti finanziari delle imprese sono rimasti stabili, tendenze che per gli analisti riflettono una maggiore selettività nella concessione del credito. I valori mediani sono infatti in calo ovunque, con riduzioni crescenti al diminuire della taglia aziendale.
L’assist della Bce è visibile nei conti alla voce oneri finanziari, con un costo del debito sceso al 2,6%, il minimo da dieci anni. Più in generale, e anche grazie ai nuovi minimi sui tassi, le imprese paiono in effetti meglio attrezzate del passato per affrontare questa fase di rallentamento. Se infatti nel 2007 gli oneri finanziari assorbivano oltre un quarto del margine lordo, oggi il dato è crollato al 16,8%. Così come in calo è il peso dei debiti, un multiplo di 5,2 volte rispetto ai margini lordi (da 5,5 del 2007) mentre in parallelo prosegue il rafforzamento del patrimonio netto (+6,4%). «Gli indici di sostenibilità finanziaria in effetti sono buoni -aggiunge Mignanelli – e questo rappresenta un punto di forza non banale: dopo la selezione operata dalla crisi ora la capacità del sistema di affrontare momenti difficili è certamente superiore».