Matteo Salvini liquida con una battuta il destino del Governo e snobba ancora l’invito di Luigi Di Maio a vedersi, anche se si rincorrono voci di contatti telefonici tra i due vicepremier: «Non ho incontri in agenda. Per il futuro siamo nelle mani di Dio». L’affidarsi alla provvidenza dà la misura di un’altra giornata di fibrillazioni su tutti i fronti, dal dossier autonomie che rischia di slittare alle nuove tensioni sulla Tav. Fino alle nuove intercettazioni di Paolo Arata che emergono dall’inchiesta che coinvolge il leghista Armando Siri, con Di Maio che chiede la «massima chiarezza» sui tentativi di «controllare o sabotare l’azione del M5S al Governo».
I timori per una nuova tempesta giudiziaria che possa investire i vertici della Lega irrompono in un quadro già precario. A Palazzo Chigi Giuseppe Conte prova a tenersi lontano dalla bufera. Convoca le parti sociali sulla manovra, come promesso: giovedì alle 16 il primo workshop sul fisco, lunedì sul Sud e il 5 agosto sul salario minimo. Le riunioni, accolte come «un fatto positivo» dal segretario Cgil Maurizio Landini, saranno aperte a tutti i ministri. Il premier liquida invece come inesistenti e volti soltanto ad alzare la tensione i retroscena che lo vogliono pronto a guidare un Governo sostenuto da M5S, Pd e Fi (retroscena che spaccano anche i dem). E intanto lavora all’informativa sul Russiagate che terrà mercoledì pomeriggio in Senato. Senza ancora alcun contatto con Salvini, con cui però non si esclude un confronto tra oggi e domani.
La volontà di Conte è quella di tenere un discorso “alto”, da giurista, che ribadisca la posizione dell’Italia sullo scacchiere internazionale e la suprema necessità di assicurare la «fedeltà agli interessi nazionali». Il leader della Lega, dal canto suo, continua a bollare la vicenda dei fondi russi come «fantasie o film di spionaggio senza nessun fondamento concreto». E non ha ancora deciso, come minacciava nei giorni scorsi, se intervenire dopo il discorso di Conte.
Nel frattempo Salvini si concentra sui temi a lui cari, a partire dall’immigrazione. Attaccato da Macron per l’ennesima diserzione a un summit informale sui migranti a Parigi – che ha raccolto l’adesione di 14 Stati Ue a un meccanismo di solidarietà per ripartire le persone salvate in mare ma ha confermato l’indicazione indigesta secondo cui gli sbarchi devono avvenire nei porti sicuri più vicini – reagisce duramente. «Il vertice voluto da francesi e tedeschi – afferma il titolare del Viminale – si è rivelato un flop ed è stato ampiamente disertato dai ministri europei. L’Italia ha rialzato la testa, non prende ordini e non fa la dama di compagnia: se Macron vuole discutere di immigrati venga pure a Roma».
All’interno le bordate di Salvini sono invece tutte contro il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli. A margine del sopralluogo a Rovezzano, dove è divampato l’incendio che ha bloccato la circolazione dei treni in tutta Italia, dice chiaro e tondo: «Non sono più accettabili no, ritardi e rinvii da parte di Toninelli». Accuse che corroborano la tesi secondo cui la testa del pentastellato sarà la prima a cadere in caso di rimpasto, scontato se il Governo andrà avanti. Ma Salvini smentisce con un netto «no» anche l’ipotesi di un’”Opa” a Conte, ovvero l’intenzione di sedersi sulla poltrona di premier senza passare dalle urne. «Faccio quello che penso serva agli italiani, non ho secondo fine o pensieri negativi», spiega, richiamando di nuovo il capo dello Stato Sergio Mattarella: «Il presidente della Repubblica svolge un ruolo di garanzia e su questo dubbi non ne ho». Lancia anche un altro segnale che suona come una condizione per proseguire, ovvero il diritto a indicare il nome del commissario italiano a Bruxelles: «Spero che la presidente della Commissione Ue, con cui non ho mai avuto il piacere di parlare, non abbia pregiudizi politici. Che all’Italia spetti un commissario importante è nei fatti». Ursula von der Leyen nega comunque di aver promesso alcunché ai governi di Italia, Ungheria e Polonia in cambio dei voti a Strasburgo. Né poltrone né impegni nei prossimi bilanci pluriennali.
Oggi Salvini rientrerà a Roma, dove con tutta probabilità si affaccerà alla Camera, dove il ministro Fraccaro potrebbe porre la fiducia sul decreto sicurezza bis. Il voto finale è atteso mercoledì. Un altro segnale che potrebbe far dileguare le ombre di crisi. Anche se il passaggio più rischioso sarà al Senato. E anche se la Lega mantiene la riserva. In attesa della resa dei conti su tutti i nodi. Anche giudiziari.