Alle prese con i venti di crisi che lo investono a raffiche e ne rendono incerto il destino, il Governo, con fatica, prova a stare al passo del count down per la definizione della manovra economica 2020. Il conto alla rovescia è già scattato e il tempo scorre veloce: mancano soltanto poco più di 2 mesi a un appuntamento cruciale nell’agenda di palazzo Chigi e del ministero dell’Economia: la presentazione, entro il 27 settembre, della Nota di aggiornamento del Def (NaDef). Con cui saranno aggiornate le stime su crescita, deficit e debito, e dovranno essere tracciate le linee guida per la legge di bilancio da varare entro il 20 ottobre, preceduta cinque giorni prima, il 15, dal Dbp (il documento programm atico di bilancio), sul quale prima a fine novembre la commissione europea esprimerà il suo decisivo parere.
Il passaggio della NaDef sarà dunque decisivo. Anche perché in quella sede l’esecutivo, oltre a fare chiarezza sull’entità della correzione strutturale da realizzare il prossimo anno, dovrà indicare l’ammontare definitivo del ”tesoretto” 2019 da quota 100 e reddito di cittadinanza e delle maggiori entrate, nonché le previsioni di risparmio per il 2020 dalle due misure bandiera sul welfare. Che, secondo le ultime stime prudenziali, potrebbero arrivare a 4-5 miliardi, e andranno ad aggiungersi a un intervento di proporzioni più o meno analoghe in chiave di spending review (sempre 4-5 miliardi), ancora però da definire tenendo conto dei paletti annunciati dal ministro Tria: nessun taglio su sanità e istruzione e solo razionalizzazioni sul welfare.
In tutto 8-10 miliardi, che rappresentano una sorta di “prima pietra” per la manovra da almeno 35 miliardi, già depurata degli effetti sul prossimo anno dell’aggiustamento 2019 da 8,2 miliardi in versione strutturale (7,6 in termini nominali per i 600 milioni di incassi venuti a mancare dalla “rottamazione”) e di una fetta quanto meno “minima” di flessibilità partendo dalla conferma dello 0,18% di Pil già chiesto alla Ue quest’anno per gli interventi sul ponte Morandi e contro il dissesto geologico. Con l’aggiustamento appena realizzato, che potrebbe contribuire a limitare la correzione strutturale 2020 a 4-6 miliardi, e i potenziali nuovi margini di “extra deficit” da utilizzare, l’esecutivo potrebbe fare leva su una sorta di bonus complessivo fino a 16 miliardi (si veda Il Sole 24 Ore del 6 luglio).
Senza le ricadute, anche sotto forma di minor spesa per interessi sul debito, sul quadro di finanza pubblica del prossimo anno degli interventi di inizio luglio, il “conto” salirebbe infatti a 40-45 miliardi. Ai 23,1 miliardi da recuperare per sterilizzare gli aumenti 2020 di Iva e accise, come indicato nella risoluzione sul Def approvata dal Parlamento, vanno sommati gli oneri fissi per le “spese indifferibili” e quelle per investimenti che l’Ufficio parlamentare di bilancio quantifica in 4,5 miliardi. Si arriva così a 27,6 miliardi. Con l’asticella della manovra, che escludendo il mix-aggiustamento-flessibilità, sarebbe destinata a salire ulteriormente di 15-18 miliardi per effetto della maxi-correzione strutturale chiesta in origine dalla Ue (0,6 punti) e del ricco menù fin qui prospettato dalle due forze di maggioranza: dalla riforma fiscale (in versione “large” con la flat tax della Lega e più contenuta con la riduzione delle aliquote Irpef secondo il progetto del M5S simile a quello allo studio dei tecnici del Mef) al taglio del cuneo, passando per salario minimo, nuova decontribuzione per le assunzioni al Sud e spinta agli investimenti. Un “conto” che potrebbe essere comunque rivisto nel caso in cui, come teme ad esempio l’Upb, la crescita si dovesse rivelare più bassa di quella stimata dal Governo sia quest’anno (0,1% di Pil anziché 0,2%) che nel 2020 (0,7% invece dello 0,8%).
La “dote di partenza” da 8-10 miliardi, garantita dai risparmi da quota 100 (2,4 miliardi la stima dell’Upb per il 2020) e “reddito” e dalla nuova fase di spending review in cantiere (che dovrà assicurare un risultato pari ad almeno il doppio dei 2 miliardi indicati nel Def), già a settembre potrebbe salire a circa 15 miliardi grazie al recupero di risorse dalla potatura della giungla degli sconti fiscali e dal trascinamento sul 2020 di una parte delle maggiori entrate fiscali contabilizzate a consuntivo nel 2019 a quelle attese per il prossimo anno. Aggiungendo ai 27,6 miliardi necessari per lo stop agli aumenti Iva e le spese “obbligate”, i 4-6 miliardi della correzione strutturale e limitando l’operazione Irpef a 4-5 miliardi e 2-3 miliardi quella sul cuneo, l’importo della legge di bilancio salirebbe a poco più di 35 miliardi. Resterebbe dunque da coprire oltre la metà della manovra. Un aiuto potrebbe arrivare in forma una tantum, da nuovi mini-condoni fiscali (che non piacciono però ai Cinque-stelle) e da un eventuale congelamento dei livelli di finanziamento del Fondo sanitario nazionale. Ma, al di là di queste opzioni, sicuramente il Governo cercherà di limitare la caccia alle risorse aggiuntive giocando la partita sulla flessibilità.