Nel mese di maggio le esportazioni italiane hanno messo a segno una crescita congiunturale (+1,3%) e tendenziale (+8%) sensibilmente oltre le attese. I dati pubblicati ieri dall’Istat vengono legati alle «più intense» vendite verso l’area Ue, e al «contributo prevalente» dei beni di consumo non durevoli. Più in particolare, guardando ai dati grezzi del tendenziale, avrebbero fatto la differenza le vendite dei prodotti dell’industria farmaceutica realizzate negli Stati Uniti, in Belgio e Germania. Questa sola componente ha contribuito per oltre un punto e mezzo percentuale all’aumento tendenziale dell’export, il cui valore deve essere per la verità confrontato con il -1,5% del maggio 2018. In maggio le importazioni sono invece cresciute dello 0,7% su base congiunturale e del 3,4% tendenziale (contro il +1% registrato nel maggio del 2018 su dati grezzi anno su anno).
Sulla base dei nuovi dati la stima sulla bilancia commerciale segna a questo punto un surplus in crescita di 1,9 miliardi, dai 3.366 milioni del maggio 2018 ai 5.347 milioni del maggio scorso. Con un avanzo commerciale che, nei primi cinque mesi dell’anno, giunge a 16.340 milioni (33.457 milioni al netto dei prodotti energetici). I nuovi dati Istat hanno un valore particolare se si considera il contesto di riferimento, ovvero un’espansione del commercio internazionale previsto nel 2019 dell’1,5%, secondo il Bollettino economico pubblicato venerdì da Bankitalia, una variazione di oltre due punti e mezzo inferiore a quella dell’anno scorso. Secondo le stime di Bankitalia, che includono anche i servizi, le esportazioni sono aumentate in termini congiunturali dello 0,2% nel primo trimestre, a fronte di un +1,4% degli ultimi 90 giorni dell’anno scorso, e anche in questo caso la segnalazione è sul contributo della farmaceutica e dei prodotti in metallo.
Tornando all’Istat di ieri, nei primi cinque mesi la crescita annua dell’export segna il +4%, trainato oltre che dal Pharma (+26,5%), anche dai prodotti tessili e dell’abbigliamento (+8,4%), dalla metallurgia escluse le macchine e gli impianti (+4,9%), dai prodotti alimentari, bevande e tabacco (+8,3%). I mercati che hanno retto questa domanda di beni – sempre su base annua – sono stati gli Usa (+16,0%), la Germania (+8,4%), la Svizzera (+21,4%) e la Francia (+8,4%) mentre si è registrata una flessione delle vendite verso i paesi Opec (-14,3%), Asean (-7,3%) e la Turchia (-6,2%).
Anche la stima sull’indice dei prezzi all’importazione segna un incremento in maggio sia in termini congiunturali (+0,4%) sia tendenziali (+1%). I prezzi all’importazione dei beni strumentali, rispetto al mese precedente, rimangono invariati per il mercato totale, aumentano dello 0,2% per l’area euro e diminuiscono dello 0,3% per l’area non euro.
A proposito di prezzi, ieri Istat ha anche rivisto al ribasso la stima dell’inflazione a giugno 2019 fino a un tasso dello 0,7%. La stima preliminare era +0,8%. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, sale dello 0,1% rispetto al mese precedente. «Si consolida il quadro di bassa inflazione che caratterizza l’Italia – si legge in una nota. – Un contributo specifico a questo andamento viene dall’inversione di tendenza dei prezzi degli energetici non regolamentati dovuta, però, in larga parte, al confronto con giugno 2018 quando i prezzi dei combustibili erano cresciuti». Secondo le ultime previsioni di Bankitalia, quest’anno l’inflazione calcolata sull’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) dovrebbe scendere a +0,7% (contro il +1,2% del 2018) per poi riposizionarsi tra un +0,8% e un +1% nel prossimo biennio.