Delle decine di ipotesi circolate in queste settimane fra Lega e Cinque Stelle, è quella meno lontana dalla tassa piatta inventata più di cinquant’anni fa dal premio Nobel Milton Friedman. Per spiegarla – o meglio abbozzarla – alle quaranta sigle presenti ieri al Viminale Matteo Salvini ha scelto provocatoriamente l’ex sottosegretario Armando Siri, dimesso dal governo dopo lo scandalo Arata. La proposta a suo modo è semplice, e se presa alla lettera più sostenibile di altre, come ad esempio quella dei Cinque Stelle di accorpare le attuali cinque aliquote in tre. Detta in due righe: Siri propone un’aliquota unica al quindici per cento per tutti i redditi fino a cinquantacinquemila euro. L’ex sottosegretario calcola benefici fino a tremilacinquecento euro per venti milioni di famiglie monoreddito. A spanne, settanta miliardi in meno di minori entrate per lo Stato. Si dirà: perché non ci ha mai pensato nessuno prima? Ma soprattutto: come fa un Paese appena costretto dalla Commissione europea ad una manovra correttiva da otto miliardi a finanziare una riforma fiscale che ne costerebbe settanta? La risposta di Siri è facile: la riforma dovrebbe portare con sé l’abolizione di tutte le detrazioni esistenti. Di per sé, un’idea ben vista anche dall’Europa.
Il problema è sempre il mare fra il dire e il fare: l’ultimo rapporto pubblicato dal Senato conta 636 sconti, di cui 466 statali, altri 170 sulle tasse locali. Una giungla che vale fra i cinquantacinque e i settantacinque miliardi di entrate l’anno, se si tiene conto anche di quelli concessi da Comuni e Regioni. La faccenda è così complessa che gli estensori ammettono di aver individuato il numero esatto dei beneficiari di appena 132 agevolazioni. La gran parte di questi sconti sono sovrapposizioni, si tratta spesso di sconti garantiti a poche migliaia di contribuenti in anni di microlobbismo sfrenato. Per andare al dunque, quelle importanti sono tre: le detrazioni per lavoro dipendente, per figli a carico e il mutuo sulla casa. Grazie a questi tre sconti la quasi totalità delle famiglie con reddito fino a ventimila euro lordi l’anno non paga un euro di tasse.
Di qui la grande incognita della proposta Siri: che accadrebbe a queste famiglie? Si troverebbero a pagare imposte che oggi nessuno gli chiede? E viceversa – se come dice Siri – «nessuno darà più di quanto accade oggi» con cosa coprire la differenza? Verrà abolito il bonus Renzi? Scatteranno gli aumenti Iva già messi a bilancio per il 2020? Siri – e con lui il sottosegretario al Tesoro Bitonci – hanno accennato ad un’edizione allargata della cosiddetta «pace fiscale», un modo elegante per condonare le tasse non pagate. Ma si tratterebbe di entrate una tantum, e in questo caso i tagli sarebbero invece permanenti. L’estate è lunga, le varianti più o meno realistiche fioccheranno. L’unica certezza è che la sopravvivenza della maggioranza gialloverde dipende in gran parte dalla risposta a queste domande.