Mario Draghi, accusato una settimana fa da Donald Trump di alimentare una concorrenza sleale dell’Europa nei confronti degli Stati Uniti con nuovi stimoli monetari della Bce che finirebbe per indebolire l’euro rispetto al dollaro, oggi viene invocato dal presidente americano come possibile sostituto di Jerome Powell: il finanziere che lui stesso ha nominato capo della Federal Reserve alla fine del 2017 e che ora vorrebbe cacciare con l’accusa di aver scelto una politica monetaria troppo prudente. «Dovremmo avere Draghi, invece della persona che abbiamo», ha detto Trump.
La capacità del leader americano di dominare l’informazione e stupire anche a costo di demolire il sistema di bilanciamenti, checks and balances, su cui si regge la democrazia americana, è veramente senza limiti. Uno dei meccanismi più delicati di questo sistema, l’autonomia della banca centrale dal potere politico, è sembrato fin dall’inizio a rischio. Ci voleva poco per immaginare che la politica della Fed, che approfittava della ripresa americana per rialzare gradualmente i tassi d’interesse tenuti per troppi anni a zero dopo lo choc della crisi finanziaria del 2008, avrebbe prima o poi irritato Trump, determinato a ottenere sostegni per l’economia Usa nell’anno elettorale. Anche con stimoli monetari.
Ma, avendo rimpiazzato il capo della Fed dell’era Obama con un uomo di sua fiducia e avendo cambiato anche vari governatori del board, sembrava che Trump non avesse motivo di portare attacchi troppo duri all’istituzione. E invece, dopo i 4 aumenti dei tassi (tutti solo dello 0,25%) decisi nel 2008, Powell è stato messo brutalmente da Trump sul banco degli imputati. Pressioni dai presidenti le hanno ricevute anche altri predecessori di Powell: Nixon e Johnson chiesero esplicitamente una riduzione dei tassi. Ora, però, Trump non solo calpesta l’autonomia della Fed che si è consolidata nell’ultimo quarto di secolo: va molto oltre Nixon e Johnson arrivando a minacciare il licenziamento in tronco di Powell. Eppure il governatore ha smesso da tempo di aumentare il costo del denaro e ora si accinge a ridurlo. Il presidente sostiene di avere il potere di farlo anche se quasi tutti i giuristi sono concordi nel sostenere che la Casa Bianca non ha facoltà di revoca salvo casi estremi.
Nella stessa, travolgente intervista alla Fox, Trump minaccia anche di aprire procedimenti contro Facebook e Google. I giganti di big tech sono sotto accusa da tempo per violazioni della privacy o perché si comportano come monopoli. Ma il presidente non ha in mente questo: li attacca perché li considera vicini al partito democratico