«Whatever it takes». Matteo Salvini non se l’aspettava. Aveva messo nel conto molte delle questioni aperte con l’Amministrazione Trump. Ma non questa. E quella frase, riferita al progetto Tap – ossia il gasdotto in costruzione in Italia – è risuonata come un gong. Anche per il governo, per il suo futuro e per le eventuali resistenze insite nella maggioranza gialloverde. «Fare tutto il necessario » e quel «tutto», nel fare spiccio degli americani, va interpretato in senso estensivo. Anche, appunto, in relazione all’esecutivo in carica. Nel colloquio che il vicepremier leghista ha avuto l’altro ieri con il vicepresidente statunitense Mike Pence è dunque emerso un fattore che la delegazione italiana non aveva previsto. Il Tap: il gasdotto che dall’Azerbaigian porterà il metano in Italia e nel resto d’Europa.
Dopo il via libera dello scorso autunno e dopo il superamento dei tanti dubbi suscitati dal Movimento 5Stelle, sembrava che il progetto non avesse più ostacoli. Per gli americani, però, non è esattamente così. E lo hanno detto a chiare lettere all’ospite italiano. Specificando che per la Casa Bianca si tratta di un’opera fondamentale. Non tanto dal punto di vista economico, ma geopolitico. Uno strumento per ridurre l’influenza russa sul fabbisogno energetico dell’Europa. Temono che qualcosa possa andare storto per alcune vicende giudiziarie o qualche riluttanza grillina rinfocolata all’interno del Ministero dell’Ambiente. Non è un caso, insomma, che sul tavolo, l’altro ieri, ci fosse un dossier predisposto dagli Usa solo ed esclusivamente per quel piano.
I lavori per il completamento del gasdotto, in realtà, dall’autunno scorso hanno mantenuto il passo stabilito. Veri e propri stop non si sono verificati. Eppure qualcosa negli ultimi giorni ha fatto innervosire lo staff di Trump che già in occasione del faccia a faccia con il premier Conte non aveva usato mezzi termini per far capire quanto gli Usa siano interessati al progetto. L’irritazione, allora, è legata a due fattori. Il primo riguarda due ricorsi che sono stati presentati al tribunale penale di Lecce. Uno concerne la possibilità di applicare al Tap la cosiddetta direttiva europea Seveso. Ossia una serie di procedure volte a prevenire i grandi disastri ambientali e che aumenterebbero gli standard di sicurezza dilatando i tempi di esecuzione. Una normativa, però, che fino ad ora è stata considerata in tutte le sedi inappropriata al caso.
Il secondo ricorso fa invece riferimento ai metalli rinvenuti nella falda acquifera che si trova nell’area in cui si stanno svolgendo i lavori. Su entrambi i ricorsi i giudici dovrebbero esprimersi dopo l’estate, a ottobre. Ma per gli States rappresenta una variabile imprevedibile e senza garanzia di successo.
Il secondo aspetto – quello più politico – si concentra sul ministero dell’Ambiente, il cui titolare Sergio Costa, è stato indicato dall’M5S. E in particolare sulla commissione Valutazione Impatto Ambientale. Questa commissione – nominata dieci anni fa dal ministro Presitigiacomo – è stata sostanzialmente esautorata l’ estate scorsa da Costa. La sua attività si è così sensibilmente ridotta. Ma da allora – è passato quasi un anno – non è mai stata sostituita. Il concorso promesso non è stato effettuato e tutto sembra immerso in una grande congelatore. Per l’ultimazione del gasdotto, c’è però un passaggio che attiene proprio l’impatto ambientale. La commissione deve formulare una serie di pareri. In particolare deve accendere il disco verde per cinque «verifiche di ottemperanza ambientale ». Senza questo benestare, tutto si bloccherebbe. Si tratta delle ultime cinque «verifiche» “ante operam”, ossia prima che il programma sia terminato. E tre di esse sono considerate fondamentali.
Nel dossier, trasmesso dalla diplomazia statunitense alla Casa Bianca, tutti questi elementi di rischi sono stati illustrati con una certa nettezza. E con altrettanta nettezza sono stati trasferiti al vicepresidente del consiglio Salvini. I tempi con cui il dicastero dell’Ambiente sta seguendo il rinnovamento della Commissione Valutazione Impatto Ambientale ha dunque insospettito l’alleato americano. Ha fatto riemergere una certa diffidenza verso la componente grillina che non ha mai nascosto la sua contrarietà a quel progetto, non ne ha mai digerito il via libera e in un eventuale scontro elettorale potrebbe rispolverare il suo vecchio cavallo di battaglia.
L’allarme della Casa Bianca è in parte legato anche alla circostanza che in tutti i contratti già siglati dalla società che sta costruendo il Tap (i principali azionisti sono l’italiana Snam, la britannica Bp e l’azera Socar), la data del collaudo finale è fissata per la fine del prossimo anno (quando negli Usa si terranno le elezioni presidenziali e Trump si giocherà la conferma per i successivi quattro anni) e quindi l’entrata in servizio per gennaio 2021. Se non venisse rispettata questa road map, le penali per i contraenti sarebbero altissime. Il messaggio a Salvini, insomma, è stato chiaro: «Whatever it takes». Ad ogni costo, anche a quello di mettere in discussione l’attuale governo e l’attuale equilibrio politico.