Almeno quattro miliardi di spese già previste per quest’anno da mettere nel congelatore. Impegni chiari da prendere subito per spiegare come saranno disinnescati i 23 miliardi di clausole Iva per il 2020. E niente più dichiarazioni su ulteriori provvedimenti in deficit, come ad esempio la Flat Tax. Giovanni Tria torna dalla due giorni a Lussemburgo con una lista di richieste che non sarà facile far digerire ai partner della maggioranza. Ma la Commissione non ha tempo da perdere: vuole risposte entro una settimana, diversamente il 26 giugno proporrà formalmente l’avvio della procedura. Il 9 luglio toccherà poi all’Ecofin dare il via libera definitivo (proprio ieri è stata chiusa la procedura della Spagna, attivata nel 2009).
Più fonti confermano che i faccia a faccia del ministro con il vicepresidente Valdis Dombrovskis (giovedì) e con il commissario Pierre Moscovici (ieri) non sono andati affatto bene. La distanza tra le parti rimane notevole e la trattativa di fatto non è ancora cominciata. La preoccupazione della Commissione è palpabile perché l’Italia non è stata in grado di fare proposte concrete. A Bruxelles sono convinti di avere il pieno sostegno dei governi per andare avanti con l’iter della procedura. Del resto il confronto al tavolo dell’Eurogruppo di giovedì lo ha confermato. I ministri dell’ala più rigorista spiegano di essersi pienamente riconosciuti nella posizione espressa da Bruno Le Maire durante il suo intervento in sala. Tra l’altro ieri il francese è tornato alla carica, chiedendo risposte «entro pochi giorni». Altro che rinviare tutto al prossimo autunno come sperava qualcuno a Roma.
Tria ha provato a convincere i colleghi che la situazione economica sta andando un po’ meglio delle aspettative e che, grazie ai risparmi imprevisti, il governo riuscirà a ridurre di due decimali il deficit (circa 3,6 miliardi di euro). Ma a Bruxelles non si fidano. Per questo la soluzione suggeritagli indirettamente dai suoi interlocutori europei in questi giorni ricalca la misura presa a dicembre, quando fu deciso di congelare due miliardi di euro: in caso di andamento positivo dell’economia, l’Italia avrebbe potuto sbloccarli a metà anno (poi però, visto che le cose sono andate peggio del previsto, alla fine il governo non ha potuto utilizzarli). Ora si potrebbe fare la stessa cosa: bloccare circa 4 miliardi di spese, da usare più avanti soltanto in caso di un reale miglioramento dell’economia. Ma per farlo servono provvedimenti concreti, mentre Tria insiste: «Niente interventi legislativi».
Poi c’è tutto il discorso legato alla manovra per il 2020. La Commissione vuole che il governo indichi con chiarezza con quali misure intende disinnescare le clausole di salvaguardia sull’Iva (che Bruxelles continua a considerare poco credibili). Servono 23 miliardi di euro. In questo caso non è richiesto un provvedimento formale, visto che la Finanziaria verrà presentata soltanto in autunno. Ma l’Ue si aspetta «impegni chiari» anche attraverso dichiarazioni «univoche» da parte di tutti i membri del governo. Fonti Ue fanno notare che non possono bastare le rassicurazioni di Tria se contemporaneamente Matteo Salvini continua a promettere la Flat Tax, anche a costo di farla in deficit. Tra l’altro il botta e risposta di ieri sui mini-bot tra il ministro del Tesoro e quello dell’Interno non aiuta. «Sono una cattiva idea» ha dovuto ribadire Tria a Lussemburgo per rassicurare i colleghi. «Se lui ha idee più brillanti, ce le dica» ha subito replicato il leader leghista. La strada per l’intesa è lunga, il tempo a disposizione poco e il clima pessimo.