È una riunione difficile quella che i ministri delle Finanze terranno domani e dopodomani in Lussemburgo, dove saranno chiamati a cercare un sofferto accordo che dovrebbe permettere di dotare l’unione monetaria di un proprio bilancio. L’idea, fatta propria l’anno scorso da Francia e Germania, ha provocato non poche divisioni tra i Paesi membri, alcuni dei quali sono preoccupati di indurre gli stati più indebitati a tirare i remi in barca nel risanare i conti pubblici.
Da mesi ormai le delegazioni nazionali stanno negoziando i contorni di uno strumento finanziario che dovrebbe vedere la luce nel 2021, in occasione del nuovo bilancio settennale dell’Unione europea. Al di là dell’ottica di rafforzare l’integrazione europea, in quest’ultimo periodo si sono affrontate visioni diverse. Da un lato, i Paesi convinti che un bilancio della zona euro debba soprattutto aiutare i Paesi in crisi. Dall’altro, quelli invece che credono lo strumento debba servire a ridurre le divergenze nazionali.
Scettico il fronte del Nord
Il negoziato diplomatico ancora in corso, alcuni aspetti appaiono chiari, altri sono in forse. Secondo le informazioni circolate qui a Bruxelles, si sperano prossime decisioni sul modo in cui dovrebbe funzionare il nuovo strumento finanziario, sulla provenienza dei fondi, e sul loro utilizzo. Più in generale, è stato deciso che il denaro dovrà servire per finanziare nuove riforme e nuovi investimenti, nel tentativo di trovare un compromesso tra le due diverse visioni.
Il denaro dovrebbe essere distribuito sotto forma di sussidi, più che di prestiti. Delicato è l’equilibrio tra Stati donatori e Stati beneficiari, ossia tra il Nord e il Sud del continente. Si discute se e quanto ridurre la quota di co-finanziamento nazionale nei Paesi in crisi. L’ipotesi non piace a chi teme di creare azzardo morale nel risanamento dei conti pubblici, facendo del nuovo bilancio uno strumento per stabilizzare le economie in difficoltà debitoria e non per promuovere la convergenza economica.
«L’ammontare del denaro verrà deciso dai capi di Stato e di governo in ottobre, quando si parlerà del prossimo bilancio comunitario 2021-2028», spiega un negoziatore. Il punto di partenza sono i 22 miliardi di euro proposti dalla Commissione europea nel quadro di un fondo per la promozione delle riforme economiche in tutta l’Unione europea (noto in inglese con l’espressione reform-delivery tool). Una parte del denaro andrebbe ai soli Paesi della zona euro.
Investimenti e riforme
Un altro aspetto che i ministri dovranno discutere domani riguarda la possibilità di dotare il nuovo strumento di un quadro legale che consenta attraverso un accordo intergovernativo di aumentare nel caso la dotazione finanziaria, andando quindi oltre quanto previsto dal bilancio comunitario. Parigi e Berlino insistono su questo aspetto, con il sostegno tra gli altri di Roma e Lisbona. Frenano paesi quali l’Olanda e la Finlandia, che temono un allargarsi dei confini di uno strumento guardato con prudenza.
I dubbi sull’Italia
Poiché i capi di Stato e di governo non hanno granché voglia di occuparsi di una questione evidentemente spinosa in occasione del vertice del 20-21 giugno, i ministri saranno chiamati a trovare una intesa già domani in Lussemburgo. Fuori dai denti esponenti comunitari dicono di sperare in un accordo questa settimana, «fosse solo perché l’intesa dovrebbe riguardare un quadro di riferimento a cui i Paesi più dubbiosi potranno ancora mettere mano in futuro», osserva cinicamente un negoziatore.
Il negoziato avviene mentre il governo Conte è a rischio di procedura per debito eccessivo e si rifiuta cocciutamente di applicare le regole di bilancio del Patto di Stabilità. Nota lo stesso negoziatore europeo: «Se devo essere sincero il caso Italia ha pesato finora poco nelle trattative sul bilancio della zona euro. Delle due l’una: o i partner dell’Italia non sono preoccupati dalla situazione italiana, oppure più semplicemente e più probabilmente il passaggio non è ritenuto abbastanza cruciale».