Quest’anno l’economia italiana non andrà oltre la stagnazione. Con un Pil in crescita di tre decimali nel migliore dei casi, ovvero se la guerra dei dazi non indebolirà ulteriormente il commercio internazionale e se l’incertezza dei mercati sulle prospettive della politica di bilancio non peggiorerà le condizioni di finanziamento delle imprese. A una settimana dalle Considerazioni finali del governatore Ignazio Visco, Bankitalia aggiorna le sue proiezioni macro nell’ambito del consueto esercizio coordinato dell’Eurosistema e dimezza le stime di crescita: dal +0,6% di gennaio a un modesto +0,3%, lo stesso valore delle previsioni Istat. Nel 2020 e 2021 la ripresa si collocherebbe invece tra un +0,7 e un +0,9% (in lieve calo rispetto al +0,9% e +1% della proiezione di gennaio) in uno scenario che non incorpora l’aumento dell’Iva né altri interventi compensativi. La revisione rispetto a sei mesi fa – si legge nella Nota di Bankitalia – riflette soprattutto la maggior debolezza della domanda estera e «il protrarsi di condizioni di elevata incertezza rilevate nei sondaggi presso le imprese».
Dietro la debolissima congiuntura ci sono solo due motori: i consumi delle famiglie (+0,5%) e le esportazioni (+2,7%). I primi sospinti dagli effetti distributivi del Reddito di cittadinanza, le seconde in linea con la domanda estera (+2% in media d’anno con un cambio dollaro/euro fissato come esogena a 1,12). Il peso negativo si registra sulla spesa per investimenti, con una accumulazione di capitale produttivo in contrazione nel biennio 2019-20 e stagnante nel 2021. In cifre: si passa dal +0,6% di investimenti fissi lordi previsto lo scorso gennaio al -0,5% attuale, con un crollo degli investimenti in beni strumentali (-2% contro il +4% dell’anno scorso). Rispetto alle previsioni di gennaio scendono anche gli investimenti in costruzioni: dal +1,8% al +1,4% (contro il +2,2% realizzato l’anno scorso).
Dietro la frenata c’è l’incertezza sulle prospettive della domanda ma anche il graduale aumento dei costi di finanziamento. Un fattore, quest’ultimo, sicuramente legato allo spread ma anche a precise scelte di politica economica. La Relazione annuale di Bankitalia dedica un focus all’effetto della tassazione sul costo del credito e fa notare come l’introduzione dell’Ace (ovvero la possibilità di dedurre dall’Ires il rendimento del capitale) tra il 2012 e il 2017 abbia ridotto del 3% il cuneo fiscale sul costo del credito, contribuendo a un calo degli interessi pagati del 12%. Da quest’anno l’Ace è stato abrogato.
Tornando alle proiezioni di ieri, chiuse tra il 15 e il 22 maggio quindi prima della correzione Istat sul Pil del primo trimestre, Bankitalia vede un mercato del lavoro a sua volta rattrappito, soprattutto nei primi due anni del triennio, con un’occupazione in crescita dello 0,2% (contro lo 0,4 e lo 0,6% indicati a gennaio) e un tasso di disoccupazione invariato rispetto al 2018 (10,6%). Secondo gli analisti di palazzo Koch le uscite dal mercato determinate da “quota 100” «verrebbero solo in parte rimpiazzate da nuove assunzioni». Secondo Istat se nel primo trimestre le ore lavorate sono aumentate a un ritmo superiore a quello del Pil, ad aprile il mercato del lavoro s’è nuovamente stabilizzato. E vale ricordare che con le ultime correzioni nei conti trimestrali – oltre ai primi novanta giorni è stato rivisto anche il Pil del secondo trimestre del 2018 (da +0,1% a 0) – la fase di stagnazione in cui è entrata l’economia italiana dura ormai da quattro trimestri.
Le proiezioni si chiudono sui prezzi al consumo, che aumenterebbero dello 0,8% nella media di quest’anno, dell’1% nel 2020 e dell’1,5% nel 2021. Come nel resto dell’eurozona (+ 1,3% quest’anno con un Pil reale in crescita dell’1,2%) c’è il traino dovuto al graduale rafforzamento delle retribuzioni. Ma anche in questo caso le proiezioni sono corrette al ribasso di 0,2 punti percentuali quest’anno, 0,3 il prossimo e 0,1 nel 2021.