Fare l’imprenditore è difficile, ma gestire con successo un passaggio generazionale lo è ancora di più, in quanto coinvolge la sfera affettiva più intima delle persone coinvolte. Per questo la successione va pianificata per tempo e gestita in base al merito e con «fredda» competenza, magari con l’aiuto di professionisti esterni. Le figlie e i figli devono fare validi percorsi accademici prima e lavorativi dopo, possibilmente all’estero e in altre aziende, in modo da portare nuove esperienze e conoscenze (necessariamente anche digitali: saranno sempre più fondamentali per gestire qualunque modello di business). Ma un imprenditore di successo è sempre un leader e la leadership difficilmente si apprende studiando, o per via cromosomica. Per cui, quando i figli non sono all’altezza delle madri e dei padri, nell’interesse dell’azienda e dei suoi portatori di interessi (dipendenti, collaboratori, fornitori, clienti) occorrerebbe fare un’ attenta riflessione e chiedersi se gli esponenti della nuova generazione possano svolgere «solo» il ruolo di azionista (attività altrettanto difficile). In assenza di una risposta positiva, gli imprenditori illuminati dovrebbero valutare scelte alternative come l’ apertura (parziale o totale) dell’azionariato, al fine di garantire un futuro all’azienda. Perché è questo il valore più importante: la continuità e lo sviluppo dell’impresa. Ciò detto, l’Italia ha innumerevoli casi di imprese di famiglia che hanno realizzato con successo il passaggio del testimone. Spesso si arriva alla terza o quarta generazione, talvolta la storia è secolare. Con regole molto rigide nella partecipazione alla vita aziendale, proprio per preservare valori e cultura familiari e aziendali: tipico l’esempio degli Antinori, giunti alla ventiseiesima generazione.
*Partner di Equinox Private Equity