Il Guastatore Capo viene a godersi lo spettacolo del caos europeo, a cui ha dato qualche contributo. Donald Trump arriva a Londra, poi in Irlanda e Francia per le commemorazioni del D-Day, il 75esimo anniversario dello sbarco in Normandia. La circostanza impone un bilancio delle relazioni fra le due sponde dell’Atlantico: ai minimi storici. Cosa che, a Trump, sembra un risultato piuttosto gradevole. Ancora prima di lasciare Washington, il presidente aveva rincarato la dose, prodigandosi per aumentare la cacofonia europea.
In un’intervista ha consigliato agli inglesi di abbandonare i negoziati con l’Unione europea, quindi abbracciare il cosiddetto “hard Brexit”, un divorzio senza accordo. Ha suggerito che a gestire l’operazione per ricavarne il massimo risultato sia Nigel Farage, l’oltranzista che fu tra i promotori di Brexit. Infine Trump si è speso di nuovo a favore di Boris Johnson, il più anti-europeo fra i conservatori, suggerendo che sia lui a sostituire la premier dimissionaria Theresa May. Si è pronunciato anche il consigliere della Casa Bianca per la sicurezza nazionale, John Bolton: «State tranquilli, dopo che noi americani dichiarammo la nostra indipendenza, ce la siamo cavata ». In altri tempi si sarebbe parlato di una spettacolare interferenza nella politica interna del Regno Unito. Con Trump non ci si stupisce più di nulla e indignarsi è uno spreco di energia.
Questo viaggio del presidente americano nella parte nord-occidentale del Vecchio continente avviene a pochi giorni dalle elezioni europee. Frammentazione, polarizzazione, indebolimento delle “famiglie” politiche storiche (democristiani e socialisti): è tutto accaduto per cause endogene, chi favoleggia di regìe occulte dall’America prende per buone le fanfaronate di Steve Bannon. Però non c’è dubbio che questa deriva piaccia a Trump. Lui non vuole un’Europa forte. Ha un’avversione profonda per ogni organizzazione sovranazionale. C’è nel campo sovranista chi spera di usare le affinità politiche con questa Casa Bianca per ricavarne benefici. E’ probabile che s’illuda. A cominciare dal Regno Unito. I fautori dell’hard Brexit continuano a sognare il ritorno ad una “relazione speciale” con gli Stati Uniti, rinsaldata da un trattato commerciale Washington- Londra che compensi la perdita di sbocchi sull’Europa continentale. Ma nel campo commerciale Trump non fa regali a nessuno. America First è davvero la sua stella polare. Non sa cosa sia la fedeltà nell’amicizia, vuole solo massimizzare il vantaggio per chi lo ha votato. Inoltre è sorta una complicazione da quando i democratici hanno riconquistato la Camera: Nancy Pelosi ha detto che non verrà mai ratificato un trattato commerciale bilaterale Washington- Londra, se può destabilizzare la pace tra le due Irlande (questo è proprio uno dei problemi dell’hard Brexit).
Intanto tutti gli europei devono prepararsi ad un’estate rovente sul fronte dei dazi. Per l’annosa disputa Boeing-Airbus, Trump ha stilato una lista di 21 miliardi di dollari di importazioni europee da penalizzare, inclusi molti vini italiani. «Colpisci prima, dialoga dopo», è la sua tattica negoziale. I risultati finora non sono stati deludenti per lui. Nell’unico accordo già concluso, quello con Canada e Messico, ha dimostrato di essere un negoziatore efficace. Ma il logoramento della relazione transatlantica finisce per danneggiare anche gli Stati Uniti, in una fase in cui il loro rivale principale è la Cina. Se il mondo sta scivolando lentamente verso una nuova guerra fredda, l’America chiamerà sempre più spesso gli alleati a scelte drastiche: o con noi o contro di noi. Si è visto nel caso Huawei che Paesi un tempo molto allineati, a cominciare da Regno Unito e Germania, oggi fanno scelte ambigue, preferiscono non mettersi contro la Cina. Se il nuovo conflitto è questo, il Guastatore Capo è la persona meno adatta a costruire una coalizione che aiuti l’America a vincere la sfida. Nel 75esimo del D-Day il tema inseguirà il presidente ma anche i leader europei in Normandia: cosa si è guastato nella relazione transatlantica, per quali ragioni, e da dove si potrà ricominciare a ricostruirla, se mai ne esisteranno le condizioni.