Arriva dai mercati esteri la spinta al fatturato industriale di marzo, in crescita dello 0,3% rispetto al mese precedente e dell’1,3% su base tendenziale proprio grazie ai progressi oltreconfine. Movimenti che pur restando limitati vanno a confermare per la manifattura un primo trimestre superiore alle attese, in grado di fornire un contributo positivo al Pil e scongiurando almeno per ora il rischio-recessione. Miglioramenti minimi che comunque modificano in meglio il quadro, permettendo a Prometeia di alzare le stime di Pil 2019 dallo 0,1 allo 0,2%, in linea con le ipotesi del Governo. Anche se i segnali in arrivo dall’export non sono particolarmente brillanti e indicano tassi di crescita inferiori rispetto al 2018, è al momento qui che le imprese realizzano le performance migliori. Rispetto a febbraio i ricavi esteri crescono infatti dell’1,5% mentre il mercato interno cede tre decimali; su base annua il progresso è del 3,5%, appena di due decimali in Italia.
Anche se le medie restano particolarmente magre, rispetto ai mesi precedenti la novità positiva è rappresentata dal numero di settori in progresso, in evidente aumento. Tessile-abbigliamento, gomma-plastica e macchinari guidano la classifica in termini di tassi di crescita, visibili però quasi ovunque. Limitato il calo della chimica (-1,8%), ma le due eccezioni principali, responsabili dell’abbassamento del dato medio (insieme valgono il 13% dell’indice) sono farmaceutica e mezzi di trasporto, in entrambi i casi in calo di oltre il 10%. In termini di velocità di breve periodo il dato trimestrale (+0,9%) è un poco oltre le attese, anche se guardando ai risultati annui (+1,1% tra gennaio e marzo) i margini per essere ottimisti vengono di molto limitati. Anche perché l’orizzonte, a giudicare dalla nuove commesse acquisite, pare ancora incerto. Se rispetto al mese precedente gli ordini crescono del 2,2%, il confronto annuo resta impietoso, evidenziando un calo del 3,6% nel mese, del 2,5% nell’intero periodo gennaio-marzo.
Rispetto allo scorso anno ad ogni modo il rallentamento in atto è evidente, con i ricavi industriali che tra gennaio e marzo crescono in media dell’1,1%, un abisso rispetto al +3,8% del periodo gennaio-marzo 2018. Anche se è l’intera economia Europa ad attraversare una fase di debolezza, il confronto continentale ci vede ancora una volta nelle posizioni di retroguardia. Dopo aver certificato per il mese di marzo un nuovo calo della produzione industriale, Eurostat stima per la zona euro nel primo trimestre una crescita dello 0,4% del prodotto interno lordo, che sale allo 0,5% per l’intera Ue a 28, più del doppio rispetto alla performance italiana (+0,2%): soltanto la Lettonia (-0,3%) cresce meno di noi. Divario ancora più ampio nel confronto annuo, dove l’Europa a 28 cresce dell’1,5% mentre l’Italia, fanalino di coda assoluto, si ferma allo 0,1%, a distanza siderale dalla Spagna (+2,4%) ma staccata in modo evidente anche da Francia (+1,1,%) e Germania (+0.7%).
Difficile del resto fare meglio in presenza di un “motore” che riduce il proprio numero di giri, come sta accadendo alla Lombardia. Prima regione per contributo al Pil che nel primo trimestre, come evidenziano i dati di Unioncamere Lombardia, pur esprimendo ancora variazione congiunturali e tendenziali positive, fa registrare una decisa decelerazione: dal +1,9% annuo del quarto trimestre 2018 si è passati ora al +0,9%, il valore più basso dal terzo trimestre del 2016. Se in calo preoccupante sono gli ordini interni (-0,9%), segnali negativi provengono anche dalla domanda estera, volano della crescita per la Lombardia negli ultimi anni. Le commesse internazionali crescono infatti nel trimestre di appena l’1%, dal 4,9% della media 2018, probabile risultato delle difficoltà sperimentate dalla Germania, primo mercato di sbocco regionale e nazionale. Su base annua il fatturato a prezzi correnti per l’industria lombarda, pur rallentando cresce ancora (+1,7%). Ma al contrario della produzione il fatturato in questo primo quarto dell’anno registra una contrazione congiunturale (-0,4%), la prima registrata dal 2013. Ciò che più preoccupa è però il clima complessivo, con le aspettative degli imprenditori sulla produzione in peggioramento: per la prima volta in quattro anni il saldo tra ottimisti e pessimisti torna in area negativa.