Le migliori imprese scelgono le tecnologie soft. A dirlo sono i dati del “Rapporto industria 4. 0 nelle imprese champion”, presentato dai docenti del dipartimento di Economia dell’Università di Padova, Eleonora di Maria e Marco Bettiol, durante l’evento “Champion tech. La competitività fa rima con manifattura e digitale” nell’ambito della Settimana della scienza e dell’innovazione.
La bussola
«Già nel 2017» spiega Marco Bettiol associato di economia e gestione delle imprese presso l’Università di Padova e membro del Laboratorio di manifattura digitale dello stesso Ateneo «avevamo analizzato un campione di Pmi per scoprire quale fosse l’approccio delle imprese alle nuove tecnologie. Ora con questo secondo studio abbiamo voluto confrontare con il campione precedente le Pmi che per fatturato, indicatori di redditività e posizione finanziaria sono le più forti del Paese. I dati raccolti da una parte confermano la maggiore capacità d’investimento delle migliori imprese, dall’altra indicano anche una strada nuova, fatta certamente di percorsi di medio lungo periodo in termini di sviluppo innovativo, ma pure legata a una predilezione per quelle tecnologie “soft” che di fatto comportano una rivoluzione profonda delle dinamiche organizzative a tutti i livelli aziendali».
INIEZIONI DIGITALI
Per le imprese più performative l’introduzione di software gestionali di ultima generazione (Erp) è quasi un must (con una penetrazione dello strumento intorno al 77% del campione intervistato), l’introduzione di software di progettazione e produzione assistita (Cad e Cam) raggiunge livelli intorno al 68% mentre l’utilizzo di social media nello sviluppo del proprio business supera la soglia del 60%.
La lettura
«Quando si usa per esempio il cloud computing» continua Bettiol «non solo si affronta il tema della remotizzazione delle attività e la variabilizzazione dei costi dell’informatica ma di fatto si modifica profondamente tutto il modello organizzativo dell’azienda. Permettere ai dipendenti di lavorare in rete, su file condivisi, non solo ne accresce al produttività ma cambia nel profondo il Dna di aziende il cui modello di business è stato reso più fluido e produttivo da una rivoluzione digitale profonda. Molto made in Italy è forte sui mercati per una sartorialità di prodotto che le nuove tecnologie permettono di gestire con strumenti nuovi e più efficienti».
Gli esempi
Un caso di scuola è quello del distretto del mobile di Treviso dove aziende ad alto tasso di personalizzazione, come ad esempio Veneta Cucina, «hanno affrontato processi d’innovazione lunghi e impegnativi (anche dal punto di vista economico e finanziari) senza perdere mai la propria natura di aziende capaci di offrire, a livello industriale, soluzioni su misura per ciascun cliente». Ed in effetti oltre 2 aziende su 3 tra le più performative del Paese hanno saputo accogliere 5 o più nuove tecnologie nei loro processi. «Non c’è modo di verificare se la buona performance spinga l’investimento digitale o se sia il contrario» conclude il docente «ma è evidente come un elemento collabori con l’altro in un circolo virtuoso».
*Il Mattino di Padova, 12 maggio 2019