Gli strumenti tecnologici sono neutrali? Non secondo padre Paolo Benanti che sostiene invece abbiano in sé scopi che devono essere interpretati. Ad affrontare il tema del rapporto etica e tecnologie è stato proprio lui, il frate tecnologo, al Galileo Festival dell’Innovazione. Se serva o meno un’etica delle tecnologie che regoli il rapporto uomo-tecnica è argomento dibattuto. Per Benanti la risposta è sì perché, dice, «viviamo in un’anoressia di fini di fronte a una bulimia di mezzi. Abbiamo mezzi per fare tante cose ma non ci fermiamo a spiegare perché vogliamo farle correndo il rischio che ognuno faccia quel che gli pare generando nuove ingiustizie». Il problema non è il rovesciamento mezzi-fini, che secondo il filosofo Emanuele Severino domina il nostro tempo, bensì l’uomo che non sa più creare spazi dove interrogarsi sul senso di ciò che fa. Tecnologia è figlia dell’uomo, afferma la Chiesa, ed è strumento per coltivare e custodire la Terra. È il mezzo con cui modifichiamo il mondo e noi stessi per adattarci alle circostanze.
«Un castoro costruisce una diga spinto dalla sua natura» dice Benanti. «Noi lo facciamo avendo in mente un perché». La tecnologia è la nostra capacità di dare un senso a ciò che facciamo e che ci differenzia dagli animali. La storia dell’uomo è sempre stata segnata dalle tecnologie. «Il punto è», spiega, «che ogni volta che trasformiamo il mondo con una tecnologia possiamo farlo in modo consapevole o inconsapevole». Quindi, certo, serve un’etica della tecnologia, perché a monte c’è un problema di senso e di responsabilità per nulla garantiti a priori. Un libro è un artefatto tecnologico, ma è anche un veicolo di conoscenze. Etica e tecnologia vanno insieme perché attraverso artefatti tecnologici e comprensioni trasmettiamo valore alle generazioni future. La tecnologia è chiamata a essere strumento di umanizzazione del mondo.
«Sono fondamentali movimenti come i Venerdì per il futuro di Greta Thunberg», sottolinea Benanti, «perché ci ricordano che la casa comune – il nostro mondo, come lo chiama Papa Francesco – è fatta di relazioni tra i viventi e ciò che esiste non è a nostra disposizione. L’abbiamo ereditata da chi ha vissuto prima di noi e la dobbiamo consegnare a chi verrà dopo». Le tecnologie possono essere grandi alleate oppure strumento di distruzione. Il problema è l’uomo, che deve interpretarle. Ma questo è un problema etico perché ha a che fare con il suo ethos, il suo comportamento. In quest’ottica va letta anche la dittatura del calcolo. «L’etica affidata all’uomo e regolata da leggi per l’uomo, oggi deve diventare “algor-etica”, un’etica che la macchina possa interpretare. La vera sfida», dice Benanti, «non è fare il bene, ma farlo in un modo che valga anche per gli algoritmi che gestiscono le operazioni». Possibile insegnare principi etici a una macchina? «La mia esperienza dice di sì. Il fatto che il Ministero dello Sviluppo Economico abbia chiesto a un gruppo di esperti, tra cui me, di elaborare una strategia nazionale sull’Intelligenza artificiale dice che c’è una società civile che si sta adoperando per questo».
*Il Mattino di Padova, 10 maggio 2019