Un pallido sole ora. Nubi minacciose in prospettiva. L’ultima tornata di dati Istat che va a tastare il polso all’economia reale conferma il momento di debolezza dell’industria, che pure riesce a galleggiare sopra il punto di pareggio in termini di ricavi. Così come accaduto per la produzione, anche il fatturato manifatturiero di febbraio è in progresso sia in termini mensili (+0,3%) che tendenziali (+1,3%), anche se il passo è in evidente decelerazione rispetto a quanto accadeva fino al terzo trimestre del 2018.
La media degli ultimi tre mesi, per effetto in particolare della caduta di oltre sette punti a dicembre, resta ancora negativa e il bilancio del primo bimestre (+1% per i ricavi) conferma il passo non brillante della manifattura.
In termini di ricavi, tuttavia, per alcuni settori il momento pare ancora positivo, con macchinari ed elettronica a vedere le vendite lievitare di oltre il 5% e progressi interessanti anche da parte di tessile-abbigliamento, gomma-plastica e alimentari. Ad abbattere le medie sono in particolare tre aree: farmaceutica, chimica e mezzi di trasporto, ancora una volta per effetto delle minori vendite di auto, che su base annua a febbraio cedono il 9,1%.
Se il quadro attuale dell’industria non pare brillantissimo, difficilmente a breve termine potrà invertire la rotta, almeno a giudicare dalla visibilità sui ricavi futuri garantita dagli ordini acquisiti. A parità di giornate lavorative, dunque senza effetti distorsivi rispetto all’anno precedente, l’Istat registra a febbraio commesse in calo del 2,9%. Media tra un “avanti adagio” registrato in Italia (+0,6%) e un pesante arretramento oltreconfine, un calo che sfiora gli otto punti percentuali e che vede un precedente peggiore soltanto a giugno 2017.
Anche in questo caso il cambio di marcia dell’economia è evidente: se lo scorso anno le commesse erano lievitate in media del 2,3% (ma nel primo semestre il progresso era doppio), il bimestre gennaio-febbraio 2019 presenta valori in calo, una frenata dell’1,7% determinata soprattutto dalla riduzione dei nuovi ordini oltreconfine.
Anche in questo caso a pesare è l’auto, in frenata del 4,1%, anche se in generale a presentare segni positivi sono soltanto due dei nove settori monitorati dall’Istat: apparati elettrici ed elettronica.
Debolezza delle commesse estere che peraltro è coerente con quanto visibile dall’andamento del commercio internazionale, le cui stime di crescita sono state abbattute dalla Wto di oltre un punto al 2,6%. I dati consolidati del made in Italy sono coerenti con questo scenario, ancora positivi nel primo bimestre ma in deciso rallentamento rispetto a quanto accadeva all’inizio del 2018: allora la crescita sfiorava il 7%, ora è esattamente dimezzata. Bilancio peraltro parzialmente “drogato” da situazioni straordinarie, come le maxi-commesse verso gli Usa di febbraio nella cantieristica navale (da sole in grado di spostare verso l’alto l’export del mese di un punto) o il balzo degli acquisti del Regno Unito indotto dai timori di un blocco delle frontiere nell’ipotesi di una hard-Brexit, accumulo di scorte che ha fatto lievitare nel mese il made in Italy di 352 milioni di euro. Per il resto il quadro è meno roseo, costellato di vere e propri voragini (-29% la Turchia a febbraio) , persistenti debolezze (Russia, Medio Oriente) e intere aree in rallentamento, come accade per gli acquisti in Europa. A partire dal nostro primo mercato di sbocco, la Germania, le cui previsioni di crescita 2019 sono state dimezzate allo 0,5%. Rallentamento già traslato sul nostro export: di questi tempi lo scorso anno il made in Italy verso Berlino cresceva del 6,7%, oggi solo del 2,4%.
Decisivo lo stop dell’industria automobilistica, azzoppata dalla minore tonicità dei mercati internazionale ma soprattutto dal caos e dai colli di bottiglia generati dall’introduzione delle nuove norme per l’omologazione. Crisi (700mila vetture in meno prodotte tra settembre 2018 e gennaio 2019) che pareva arginata a febbraio e che invece prosegue a marzo con un crollo del 14% che si traduce in 73mila vetture prodotte in meno.