Il festival Città Impresa di Vicenza si conclude oggi pomeriggio con un evento dedicato alle idee di Cesare De Michelis per Venezia, per le Venezie. Il grande editore ha amato la sua terra di adozione dedicandovi, in simbiosi con il fratello Gianni, lunghi anni di impegno civile e politico. In particolare, fu vicepresidente del Consorzio Expo 2000 e poi, dopo la mancata assegnazione, presidente della associazione «Venezia 2000» che tentò di riproporre i progetti che molte delle migliori intelligenze nazionali avevano elaborato.
Se ricordo bene, lo stesso Cacciari, ostile all’Expo, disse che per realizzare quelle condivisibili soluzioni logistiche non sarebbe stata necessaria la data catenaccio dell’esposizione universale. Non se ne fece nulla se si eccettuano la rivitalizzazione dell’aeroporto e la viabilità connessa. In realtà, i fratelli De Michelis erano convinti del contrario. Solo la prospettiva di un grande evento avrebbe potuto mobilitare risorse e volontà per una terza fase dello sviluppo delle Venezie dopo quelle della povertà rurale e del miracolo industriale diffuso.
A metà degli anni ‘80, convinti della ormai prossima caduta del comunismo e delle sue barriere grazie anche ai pervasivi effetti delle tecnologie dell’informazione, immaginarono una repentina accelerazione delle relazioni commerciali est-ovest, uno spostamento del baricentro europeo dall’area «carolingia» a quella centro-orientale, una grande opportunità per Venezia e per le Venezie in quanto naturale piastra logistica e luogo di funzioni direzionali per un grande bacino mitteleuropeo. La capitale della Serenissima, diventata così estranea allo straordinario sviluppo del contado, avrebbe potuto conoscere una nuova stagione di protagonismo politico ed economico in quanto fulcro di attività «intelligenti», compatibili con la sua fragilità perché immateriali, senza così ridursi a pur prestigioso museo galleggiante. Si trattava di realizzare investimenti funzionali alla loro attrazione. Vinse l’Expo, grazie ai pesanti conflitti interni, la città di Hannover. Emblematicamente, perché era già evidente l’alternativa tra un probabile «rattrappimento baltico» dello sviluppo europeo e una sua distribuzione anche in favore della fascia meridionale.
Ciò detto, rendere merito alle idee di Cesare De Michelis non significa solo evocare una sconfitta ma riflettere ancora sulla loro attualità. Certo, molte opportunità sono andate perdute come l’evoluzione sinergica dei tecnomateriali di Marghera o delle attività finanziarie e assicurative. Altre, per fortuna, si ripropongono. L’interesse dei cinesi per la portualità adriatica si collega al raddoppio di Suez e deve indurci a decidere le necessarie integrazioni. La realizzazione, se tempestiva, della Tav tra Venezia e Milano può favorire un triangolo direzionale metropolitano con Bologna. Il recupero delle aree dismesse di Marghera e la ripresa di progetti come la sublagunare possono svolgere una funzione attrattiva. Chi conosceva Cesare gli ha spesso sentito dire che «rassegnarsi alla sconfitta serve a lottare più forti e generosi».
*Corriere del Veneto, 31 marzo 2019