L’automotive, con la sfida dei motori elettrici e ibridi di nuova generazione al primo posto delle priorità. E poi l’aerospazio, il settore ferroviario, quel lo dell’energia e delle rinnovabili, l’edilizia e la domotica, la bioingegneria e il digitale applicato alla finanza.
Più che una fabbrica di ingegneri, una boutique di engineering capace di risolvere in maniera il più possibile innovativa i problemi delle aziende durante le fasi di ideazione e di progettazione di un nuovo prodotto o servizio.
Nata a Torino nel 1987 come software house specializzata nella simulazione virtuale, Teoresi è cresciuta nel tempo cambiando pelle almeno per tre volte: dalla modellazione di fine anni Ottanta al calcolo numerico e simbolico dei Duemila fino alla più recente fornitura di soluzioni complete.
Un processo di miglioramento continuo certamente non privo di difficoltà, ma che tuttavia l’ha portata a sfiorare quota 800 collaboratori (di cui nove su dieci sono, appunto, ingegneri) dai 60 di dieci anni fa, chiudendo il 2018 con un fatturato di 43 milioni, in crescita del 32% rispetto al 2017, a cui si aggiunge un aumento dell’ebitda del 38% (era al 15,5% nel 2017).
«Siamo nati con le logiche di una start up ante litteram e continuiamo ad aver ben presente la necessità di gestire, se non addirittura anticipare, il cambiamento — spiega Valter Brasso, fondatore e presidente dell’azienda —. Da questo punto di vista, i risultati che abbiamo ottenuto fin qui non sono altro che il punto di partenza per ciò che dovremo diventare domani. Ecco per ché il 2019 sarà un anno importantissimo. Abbiamo appena approvato il nuovo piano di sviluppo triennale. Poggia sull’internazionalizzazione delle nostre proposte di consulenza e ha come obiettivo superare i 50 milioni di ricavi nel 2019 e arrivare a 100 milioni entro il 2021».
A fare da pivot del piano gli uffici che Teo resi negli anni ha aperto oltre che in Italia (Milano, Roma, Napoli e Modena) anche negli Usa (a Detroit e a Chicago) in Germania (a Stoccarda e a Mona co) e in Svizzera. «Generalmente — prosegue il fondatore — lavoriamo a fianco di grossi gruppi multinazionali, come ad esempio i cinesi di Polymaker con cui stiamo realizzando il progetto Lsev, una city car completamente stampata in 3D, ma stiamo anche cercando di entrare maggior mente in contatto con la media impresa italiana perché, a nostro avviso, le multinazionali tascabili del made in Italy posseggono una capacità di crescita e sviluppo ancora inespressa».
Piano di sviluppo che parte ovviamente dalla ricerca di nuovi talenti e skill innovative: «Fin dalla nostra nascita — chiude Brasso — abbiamo cercato di mettere l’uomo al centro e per questo ogni anno vediamo qualcosa come 40 mila curriculum e conduciamo qualcosa come 3.500 interviste».
L’Economia 15 marzo 2019