«Prudenza» è il messaggio della Lega: «Vogliamo vederci chiaro sugli accordi con la Cina». «Prudenza» è il consiglio di Matteo Salvini al premier Giuseppe Conte nei colloqui informali di ieri. L’attenzione si concentra innanzitutto sui dati sensibili legati alla telecomunicazione, alla possibilità di affidare a Huawei la tecnologia del 5G, alle tecnologie militari, oltre al rischio sottolineato dal ministro dell’Interno di trasformare l’Italia in una colonia cinese. Per i leghisti occorre tener conto anche delle preoccupazioni che arrivano dagli Stati Uniti.
La firma, dicono dal Carroccio, non è scontata se non ci sarà chiarezza non solo sul Memorandum of understanding, che è la cornice generale dentro la quale Roma e Pechino intendono muoversi, ma anche sui tanti accordi economici che dovrebbero essere sottoscritti durante la visita del presidente cinese Xi Jinping il 22-23 marzo in Italia. Luigi Di Maio è molto più aperto al progetto della Via della Seta, vi vede soprattutto grandi opportunità. Né a suo avviso si può escludere la Huawei dalla gara per il 5G: in caso di irregolarità il governo è pronto a intervenire. Anche di questo, oltre che di Brexit si è parlato ieri al Quirinale nel tradizionale pranzo del governo con il capo dello Stato che precede i summit europei. Chi era a quel tavolo esclude che vi siano stati tensioni tra i due vice-premier. È prevalsa la linea di una prudente apertura a Pechino ma senza irritare troppo l’alleato americano. Tanto Sergio Mattarella quanto il ministro degli Esteri, Enzo Moavero, hanno battuto su questo tasto.
Il problema non è tanto il Memorandum che, per quanto ampio, è molto meno incisivo e vincolante, spiegano fonti quirinalizie, di tanti altri siglati bilateralmente da 13 altri Paesi europei. Il problema vero è soprattutto il 5G, che pone problemi strategici e di sicurezza. L’idea emersa tra una portata e l’altra è di rafforzare il «golden power» in capo a Palazzo Chigi, aumentando i poteri speciali che vengono esercitati per tutelare gli interessi nazionali, oltre che per fermare azioni predatorie su società private. E sarà proprio il braccio destro di Salvini, Giancarlo Giorgetti, ad approfondire la materia del «golden power», anche nell’ottica di tranquillizzare l’amministrazione Usa. Per Salvini «la sicurezza nazionale viene prima di qualunque interesse commerciale».
«Se si parla di business va bene, quando si parla di interesse dei cittadini e degli imprenditori italiani bisogna stare molto attenti», sostiene il ministro dell’Interno. Dunque, approfondire, alzare il livello del golden power. «Basta saper mettere i giusti paletti», spiega Giorgetti. Che aggiunge: «Le libertà personali, i diritti di proprietà e quelli d’autore, la tutela dei lavoratori hanno un significato molto diversi per noi e per il governo cinese. Lì prevale un modello di capitalismo di Stato che standardizza e annulla le individualità». Giorgetti dà una torsione atlantista alle sue parole, diverse da quelle che vengono dai 5 Stelle e precisa che dalla Cina arriva una competizione globale che incide sulle persone: «L’intensificazione del multilateralismo economico è un processo inevitabile, ma non esiste solo il mercato».
Nella Lega sono tanti i dubbi e le perplessità. Claudio Borghi suggerisce di non fare le cose «in modo troppo affrettato». Il sottosegretario agli Esteri, Guglielmo Picchi, parla di grandi opportunità per le aziende italiane, «ma nulla è mai a costo zero». I due punti su cui bisogna essere cauti, secondo Picchi, sono la parte energetica e le telecomunicazioni. «Una delle parole che mi preoccupano in questo Memorandum è la condivisione dell’interoperabilità. Per un Paese della Nato, l’interoperabilità tra eserciti, aviazioni, marine, sistemi d’arma è qualcosa su cui bisogna stare estremamente attenti perché avere interoperabilità con altri Paesi può mettere a rischio l’efficienza e la sicurezza dell’alleanza atlantica».