Nelle prossime settimane potremo avere in Italia il debutto dei «nastri gialli». È un’operazione che sta preparando l’Ance, l’Associazione dei costruttori italiani, e punta a recintare con passamano biodegradabili i cantieri bloccati, le scuole fatiscenti, le voragini nell’asfalto delle strade cittadine. Quasi fossero le scene del crimine dei telefilm americani.
Per lanciare la sua clamorosa iniziativa l’Ance chiederà la collaborazione dei cittadini e distribuirà quindi davanti ai supermercati e alle stazionidella metropolitana i nastri gialli. Se dovesse avere successo, assisteremmo a una svolta nel rapporto tra imprenditori ed elettori. Va in soffitta il vecchio lobbismo che si concretizzava nell’aspettare con discrezione alla buvette di Montecitorio un presidente di commissione e per affermare i loro obiettivi i confindustriali cercano/chiedono il consenso popolare. È l’altra faccia della rabbia che in questi mesi circola tra gli industriali grandi e piccoli del Paese, la nuova stagione politica non solo li ignora e non li consulta ma decide quasi sempre all’opposto dei loro desiderata. È successo con la legge Dignità, si è ripetuto con la legge di Stabilità, di nuovo con il soffocamento di Industria 4.0 e infine con la Tav, la madre di tutte le recite.
Ma basta sfogarsi nelle assemblee tra di noi, si stanno chiedendo gli imprenditori? Non dovremmo forse sfidare in campo aperto i populisti sul terreno più sensibile per loro che è quello del consenso dal basso? La risposta che da più parti — non solo Ance ma industriali torinesi, Federmeccanica, imprenditori emiliani — sta maturando è affermativa. Se si vuol mettere paura ai Cinque Stelle e alla Lega bisogna battersi sul terreno del consenso popolare, bisogna scendere dalla torre d’avorio e accettare la sfida. Non per un voto sulla scheda ma per poter lavorare e produrre. Deve pensarla così Fabio Ravanelli, presidente di Confindustria Piemonte, che ieri ha inaugurato una campagna-video («All’Italia la Tav costa 20 miliardi? Palle!») contro le fake news messe in circolo dai NoTav e i 5 Stelle. «Dobbiamo sconfiggere le approssimazioni, le semplificazioni, le deliberate falsità messe in circolo in queste settimane» sostiene Ravanelli. In attesa della nuova manifestazione di piazza prevista per domenica 17 marzo tra gli imprenditori piemontesi di idee ne circolano molte altre. Pochi giorni fa sembrava che la rabbia chiamasse addirittura una serrata delle fabbriche, un’ora al giorno. L’aveva proposta un presidente dei Piccoli, Corrado Alberto (Api) ma poi si è deciso di soprassedere. Si è parlato anche di uno sciopero fiscale e in una riunione gli autotrasportatori hanno riproposto il loro pezzo forte: un blocco autostradale. Per ora si tratta di suggestioni ma più in là potrebbero tornare di attualità.
Prima di pensare ai nastri gialli l’Ance aveva lanciato Sbloccacantieri.it, un sito di segnalazioni da parte di enti locali, cittadini e imprese delle migliaia di incompiute presenti sul territorio. Finora sono arrivate 600 segnalazioni giudicate valide. Da qui l’idea di passare alla seconda fase recintando i «luoghi del delitto». «La nostra sarà una sorta di guerriglia legale — raccontano all’Ance — chiederemo ai cittadini di sostenerci perché i nostri progetti migliorano la loro vita». Le grandi imprese di costruzione degli anni 80 e 90 potevano fare affidamento sulla lobby, oggi si cerca il consenso diretto degli utenti. Una rivoluzione.
La stessa idea hanno avuto in Federmeccanica quando hanno lanciato una petizione popolare per difendere l’alternanza studio-lavoro e la formazione 4.0 amputate dal governo dei sedicenti olivettiani. Per l’organizzazione storicamente capofila dei falchi confindustriali si è trattato quantomeno di un cambio di paradigma, come si dice in gergo. Si sono raccolte già 22 mila firme sulla piattaforma chance.org. come spiega Stefano Franchi, direttore della Federmeccanica. «Ci siamo rivolti alle famiglie, agli insegnanti, ai tecnici perché perseguiamo un interesse generale. Chiediamo soldi per la scuola perché è la nostra visione del futuro. E un’operazione così si fa con il coinvolgimento degli interessati soprattutto quando la politica non solo non dialoga con noi, ma non ci ascolta nemmeno da lontano» .