La Lega ha un nuovo responsabile degli Esteri e, forse, anche dei nuovi alleati in Europa. Al Consiglio federale di ieri, Matteo Salvini ha incoronato come suo uomo a Bruxelles l’eurodeputato Marco Zanni, da sempre in contatto con il ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana, ispiratore della svolta sovranista del partito. «La linea politica in Europa la dà Zanni e, in ultima analisi, io», questa l’investitura salviniana. Un bel salto per Zanni, eurodeputato eletto con il M5S, e poi folgorato sulla via di Salvini. La sua nomina prelude a una a svolta nelle alleanze, che però non dipende solo dalla Lega. Il partito è appeso a Orban con il quale, dicono i leghisti, «Salvini ha ripetuti e cordiali contatti». Se il premier ungherese uscirà dal Ppe, è forte la tentazione di fare asse con lui, che si porta dietro anche i sovranisti polacchi e austriaci. Così passerebbero in secondo piano le vecchie alleanze, come quella un po’ logorata con madame Le Pen. «Sono amici che ci sono stati vicini nei momenti difficili e non voglio abbandonare», ha detto Salvini.
Quanto al partito, sarà per la prossima volta il commissariamento delle varie Leghe «nazionali». Salvini annuncia che «non era all’ordine del giorno. Chi è fuori dal Consiglio evidentemente ha altre notizie». Ogni riferimento a Roberto Maroni è puramente voluto. Domenica Bobo era uscito sul «Fatto» con un’intervista nella quale annunciava la rifondazione leghista . E quindi erano ripartiti tutti i sussurri e sul cambio del nome con la scomparsa del Nord e così via. Invece nisba. Soltanto per ora, pare. Qui i cremlinologi di via Bellerio divergono. C’è chi dice che Salvini avesse in realtà voglia di procedere già ieri all’operazione, ma che l’intervento del suo miglior nemico gliel’ha fatta rimandare. E chi sostiene invece che non si è mai visto un partito commissariare le sue sedi regionali e cambiare nome a ridosso delle elezioni. Di sicuro, però, l’idea c’è e l’attuazione è solo rimandata. «Dovremo comunque affrontare la questione – ha detto Salvini ai suoi -. Questo movimento non è più locale, è nazionale».
Insomma, via quel che resta di nordista, nella speranza che i giudici non accollino alla nuova Lega i 49 milioni da rimborsare. Per il resto, l’attesissimo Federale si è risolto in un giro d’orizzonte strategico dove d’interessante non c’è solo quel che Salvini ha dichiarato in conferenza stampa insieme con Giancarlo Giorgetti per smentire le differenze di vedute che i giornalisti attribuiscono loro, ma anche quel che ha detto a porte chiuse. In pubblico, grande soddisfazione perché «siamo la prima forza politica del Paese».
La scelta dei candidati per Bruxelles e per le amministrative è fatta «al 99%», salvo un incontro in data imprecisata ma comunque prossimo con Berlusconi. Poi Salvini tiene duro sulla Tav e allarga il discorso alle «trecento opere pubbliche da finire», tipo la Asti-Cuneo «ferma dal 2012», per le quali annuncia un decreto «sblocca cantieri» e «sblocca appalti» al prossimo Consiglio dei ministri.
E poi: il rapporto con i 5S («Non siamo noi che creiamo problemi, noi li risolviamo», dice Giorgetti. Ah sì, e chi è che li crea? «Chi sui problemi butta benzina invece di acqua», e chi vuol capire capisca), i soldi per le Olimpiadi del 2026 (Salvini: «Se il governo li ha trovati per il tennis a Torino li può trovare anche per Milano e Cortina. Le Olimpiadi valgono un miliardo anche senza analisi costi-benefici»), perfino i sauditi nel CdA della Scala («Preferirei che non ci fossero alcune presenze. Se entrassero gli svizzeri non ci sarebbero problemi»).Prima, nelle segrete stanze, il Capitano aveva assicurato che il governo non cadrà, perché «con un terzo dei deputati della maggioranza stiamo facendo meglio dei 5S», e raccomandato ai suoi di non attaccare i grillini in generale i loro ministri in particolare. Infine, la questione dell’autonomia regionale.
Qui la parte del leone, molto applaudito, l’ha fatta il governatore del Veneto, Luca Zaia, che non solo è decisissimo a portarla a casa ma, pare, sa anche come farlo. Per superare «il blocco dei ministri 5S», Zaia avrebbe pronto un piano. Di certo, all’esterno Salvini si mostra superottimista: «Il 99 per cento è fatto. Ci confronteremo con il presidente del Consiglio su come coinvolgere il Parlamento, senza ovviamente stravolgere il testo che è di esclusiva competenza del governo e delle regioni – giura -. Ci sono già altre sette regioni che hanno avviato la richiesta dell’autonomia, quindi non è una questione territoriale». Ma in via Bellerio si sospetta che i tempi per portare a casa l’autonomia non saranno esattamente fulminei.