Alla vigilia della pubblicazione da parte della società italo-francese Telt degli avis de marchés (gli inviti a presentare la candidatura) per tre lotti del tunnel di base della nuova ferrovia Torino-Lione, i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini escludono che il contrasto sulla Tav — tra il M5S (contrario) e la Lega (favorevole) — possa portare a una crisi di governo. Anzi, ora i due leader si rincorrono con messaggi sulla «stabilità dell’esecutivo»: «Dureremo altri 4 anni», auspica Di Maio. «Il governo va avanti fino in fondo», gli fa eco Salvini.
Ma il punto sul paventato blocco dell’opera ferroviaria transalpina lo traccia il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti (Lega) che sottolinea, all’indirizzo del premier Giuseppe Conte e dei grillini, un dato incontrovertibile: «Ricordatevi che per fermare definitivamente la Tav occorre un passaggio parlamentare, perché si tratta di un trattato internazionale approvato dal Parlamento e né Conte né il Consiglio dei ministri possono prendere decisioni sopra il Parlamento». E non è un caso che il monito di Giorgetti sia raccolto dall’opposizione, favorevole all’opera: «In questo momento in Parlamento non ci sono i numeri per bloccare la Tav», osserva infatti l’ex premier Matteo Renzi (Pd).
Giorgetti non si ferma qui: e pur ricordando che la Lega «è responsabile», e dunque «disponibile a rivedere il progetto», evoca la sua simpatia per la Svizzera «che questi problemi li ha risolti in passato con il referendum». E poi risponde a chi propaganda sulla Tav una vittoria di stampo grillino a scapito della Lega: «Salvini non è tornato a cuccia, ha visto accogliere le nostre proposte».
Le reazioni
L’opposizione in linea con il leghista. Renzi: «In Aula non ci sono i numeri per lo stop»
Nella domenica che precede l’avvio degli avis de marchés, i due vicepremier si sono marcati a uomo a suon di dichiarazioni. Entrambi a Milano, presi da impegni di partito — Di Maio al Villaggio Rousseau e Salvini alla Scuola di formazione politica della Lega —, si sono parlati a distanza per rassicurare sullo scampato pericolo di una crisi del governo: «Basta con il folklore su chi ha vinto e chi ha perso sulla Tav, ora mi interessa di poter tornare a occuparci di cose importanti», ha detto il capo politico del M5S. E Salvini, che di solito è molto veloce nel liberarsi dalla marcatura a uomo, ha preso subito in parola l’alleato: nell’arco di un solo pomeriggio domenicale, il leader della Lega ha incalzato il premier Conte sul decreto sblocca cantieri («lo porti presto in Consiglio dei ministri») e ha promesso la flat tax anche per le famiglie.
Eppure la guerra sulla Tav lascia una ferita aperta tra le due squadre di governo: «Se uno dall’altra parte dice “vediamo chi ha la testa più dura”, io dico pensiamo alle cose serie…», lamenta Di Maio. «Mai parlato di crisi. La testa dura io me la tengo. Anzi, essendo invecchiato, è sempre più dura», replica Salvini. Che poi chiosa: «Sulla mancata storia d’amore con Di Maio deludo» i giornalisti, « perché Di Maio è una persona seria, coerente, corretta, leale. Se ne facciano una ragione». Nonostante il pasticcio sulla Tav, il governo Conte va avanti.