A Palazzo Chigi, la decisione di convocare una conferenza stampa del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sul pasticcio della Tav è arrivata all’ora in cui lo stesso premier avrebbe dovuto trovarsi al Quirinale per il Consiglio Superiore di Difesa. Alle 17, dunque, mentre il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, era in attesa sul Colle, Conte si è presentato in sala stampa con la scorta del solo portavoce Rocco Casalino per comunicare che lui, sulla ferrovia ad alta velocità Torino-Lione, si è fatto finalmente un’idea. Negativa: «Ho forti dubbi e perplessità su questa infrastruttura e non sono affatto convinto che sia ciò di cui hanno bisogno gli italiani». E ancora, togliendosi la giacchetta da arbitro indossata in questi dieci mesi sul nodo Tav che contrappone i suoi «compagni di viaggio nel governo», M5S (contrario) e Lega (favorevole): «Se lo dovessimo cantierizzare oggi mi batterei perché non sia realizzato…».
Il primo a ringraziare Conte è stato Luigi Di Maio, infilandosi nell’assemblea dei parlamentari grillini: «Ringrazio il presidente Conte….». Ma le parole del premier («Se dovessimo cantierizzare» la Tav) non escludono che, per la scadenza di lunedì 11 o nei giorni seguenti, il consiglio di amministrazione della Telt (società mista italo-francese) abbia il via libera del governo per i bandi di gara del tunnel di base che valgono 2,3 miliardi di euro: «Stiamo vedendo di non pregiudicare il finanziamento complessivo dell’opera — ha spiegato Conte — e stiamo facendo verifiche sui bandi». Se il meccanismo si blocca, infatti, l’Italia perderà 830 milioni di finanziamenti Ue di cui 300 nel mese di marzo.
Ieri, dopo il nulla di fatto del vertice notturno Conte-Salvini-Di Maio, si sono incontrati a Palazzo Chigi i consiglieri diplomatici dei due governi: Piero Benassi, per Conte, e Philippe Étienne, accompagnato dall’ambasciatore Christian Masset, per Emmanuel Macron. A Parigi, intanto, la ministra dei Trasporti Elisabeth Borne dava una buona notizia per tutti: «L’Europa finanzia il 40% ma ha detto che è pronta a salire al 50% per questo progetto». Poi Borne ha ricordato che l’Italia ha sottoscritto un trattato con la Francia: «Non faremo un tunnel da soli, confido che gli italiani confermino il loro impegno. Siamo sempre aperti al dialogo con i partner». Nelle stesse ore, Conte ha convocato il direttore generale della Telt, Mario Virano, che però non ha avuto direttive per il cda di lunedì.
Il premier ha sostenuto che ora serve «una interlocuzione con la Ue e con la Francia per condividere dubbi e perplessità». Ma all’Italia è già stata concessa una proroga per la pubblicazione dei bandi (dal 19 febbraio all’11 marzo) e ora fonti della commissaria Ue ai Trasporti, la slovena Violeta Bulc, fanno sapere che non si può interloquire su una decisione che l’Italia non ha ancora adottato: «Fermo restando che non abbiamo litigato, per i bandi ci prendiamo tempo fino a lunedì», è la formula usata da Conte. Ma per dire eventualmente no alla Tav servirà una deliberazione del consiglio dei ministri: e, nonostante la perduta neutralità del premier, alla resa dei conti peseranno di sicuro i voti dei sette ministri della Lega.