La media impresa del Nord Est continua a correre, nonostante la crisi. Le rilevazioni sui Champions confermano la tenuta di un modello di impresa capace di guardare ai mercati
internazionali forte di un vantaggio competitivo che la mette al riparo, almeno in parte, da scenari internazionali sempre più complicati. Fanno fatica le aziende del comparto automotive, così come soffrono quelle sbilanciate sulla domanda interna. Ciò detto, una coorte di imprese, prevalentemente manifatturiere e radicate nei settori tipici del Made in Italy, continua a crescere e a produrre utili.
Chi sono i Champions del Nord Est e qual è la loro ricetta per competere? Emerge, anno dopo anno, il profilo di un’impresa che ha alcune caratteristiche originali rispetto allo scenario internazionale. Che si tratti di Arper, specializzata nel mobile da ufficio e nel contract, o di Forgital, produttore di pezzi speciali in metallo forgiato e laminato, che si ragioni di high tech, come nel caso di Carel (specializzata nelle schede per la gestione degli impianti di condizionamento) o di settori tradizionali
come quello della Sportful di Belluno, la manifattura del Nord Est ha imparato a tenere in equilibrio due dimensioni apparentemente inconciliabili. Da un lato una grande tradizione manifatturiera, fatta di attenzione ai materiali, ai processi e alla qualità «su misura» e, dall’altro, una crescente capacità di addomesticare il digitale nelle sue diverse dimensioni, dalle piattaforme di gestione integrata alle frontiere di Industria 4.0.
Il successo
Questa capacità di bilanciamento è un tratto originale non solo delle medie imprese del generale, della maggior parte delle realtà più dinamiche di quel triangolo manifatturiero che lega Milano, Bologna e Venezia.
Per tenere insieme queste due polarità, spesso molto lontane fra loro per sensibilità e titolarità generazionale, le imprese Champions hanno imparato a investire nel capitale umano sostenendo la crescita di tecnici, quadri e dirigenti. Se in territori come Lombardia ed Emilia Romagna questa attenzione era pratica consolidata, nel Nord Est l’attenzione alla crescita organizzata di conoscenze e competenze è un elemento di novità che ha contraddistinto proprio il consolidamento della media azienda.
Una recente ricerca della Fondazione Ca’ Foscari ha messo in evidenza la diffusione significativa fra le imprese leader di corporate academy, graduate program e di molti altri strumenti innovativi per consentire alle persone di crescere e rimanere al passo con le trasformazioni della tecnologia e del mercato.
Se l’investimento in conoscenze e competenze a sostegno della competitività costituisce un dato decisamente positivo, va sottolineato come proprio questo impegno da parte delle imprese più competitive rischi di rendere ancora più profondo lo scarto fra le aziende capaci di performance superiori e quelle che arrancano. In assenza di nuove politiche rivolte alla formazione superiore e all’attrattiva di questo territorio, il rischio è quello di vedere prosperare pochi campioni in un contesto che non riesce a tenere il passo dei primi.
Raccontare il territorio
Non si tratta solo di far crescere e di attrarre manager di alto livello in territori privi di un baricentro metropolitano riconoscibile. Il problema riguarda anche e soprattutto quei profili tecnici che hanno fatto la forza del Nord Est e che oggi iniziano a essere sempre più difficili da trovare sul mercato del lavoro. Se si vogliono vedere rinnovati anno dopo anno i risultati dei Champions e se si punta allo sviluppo di nuove imprese capaci di riproporre gli elementi distintivi del Made in Italy è cruciale investire in una nuova generazione di profili ibridi, a metà fra la tradizione artigianale e il digitale più avanzato. La funzione di ponte fra cultura analogica e mondo digitale deve costituire una priorità per tutta la formazione superiore, dalle università agli Istituti tecnici superiori, puntando a innovare sui curricula e, soprattutto, sulle tecnologie e sulle metodologie per l’insegnamento.
Dietro alla difficoltà di sviluppare e attrarre capitale umano di qualità vi sono problemi diversi, dal tema delle retribuzioni a quello della possibilità di spendere le proprie competenze in un mercato del lavoro poco dinamico. C’è anche, e merita di essere sottolineato, un deficit di comunicazione e di valorizzazione di quella cultura manifatturiera che continua a rappresentare un aspetto distintivo non solo del Nord Est ma anche di Lombardia ed Emilia Romagna. Queste regioni fanno fatica a comunicare al mondo il loro ruolo di snodo inaggirabile della manifattura di alta qualità a livello mondiale. A breve, le imprese Champions dovranno porsi il problema di un nuovo marketing territoriale. È difficile pensare che possano prosperare senza farsi carico di un racconto del territorio all’altezza delle sfide cui sono chiamate nei prossimi anni.