Nata nel 1989 come evoluzione dell’attività artigianale di lavorazione del cuoio cui si era dedicata nel decennio precedente, la famiglia Feltrin, allora guidata dal padre Luigi (ora presidente d’onore), oggi Arper è un’azienda da 260 dipendenti (di cui metà nella sede italiana, a Monastier di Treviso e il resto in consociate, branch e showroom italiani ed esteri) e 72 milioni di euro di fatturato nel 2017, confermati dal bilancio 2018. Una crescita dovuta in primo luogo all’export: «Oltre il 90 per cento del nostro business è fuori dall’Italia: il 60% in Europa, il 20% in America e il 10% nel resto del mondo», commenta il presidente Claudio Feltrin. In totale, Arper arriva in 90 Paesi.
Alla fine degli anni Novanta, Arper abbandona la produzione di sedie in cuoio destinate al residenziale per passare al contract. Non si limita dunque alla sola fornitura di mobilia, ma realizza per conto del cliente l’intero progetto di arredamento degli spazi. E niente più retail. Inizia a posizionarsi come azienda B2B, con un design orientato all’estetica. Il dna del marchio si ritrova nella particolare attenzione al colore, nella flessibilità dei sistemi, nel costante dialogo tra forma e funzione. Arrivano anche le collaborazioni con grandi architetti: da Jean-Marie Massaud a James Irvine, da Simon Pengelly allo studio Metrica passando per Ichiro Iwasaki. Gli showroom sono 12, dislocati nelle principali città del mondo; quattro fungono da sede delle consociate del gruppo: New York (Arper Usa), Dubai (Arper Middle East), Londra (Arper Uk) e Tokyo (Arper Japan).
E proprio a Oriente guarda ora l’azienda: «Stiamo facendo i primi passi per aprire società in pianta stabile in Cina assumendo persone sul territorio e adattando i sistemi di comunicazione alle piattaforme e agli standard cinesi. Quest’anno approcceremo per la prima volta quel mercato». Nonostante un inizio anno in crescita, Feltrin rimane prudente sulle stime per il 2019: «Viste le previsioni dell’economia italiana, ma anche mondiale, non siamo troppo fiduciosi. Abbiamo iniziato bene l’anno con previsioni positive per il primo trimestre ma non so cosa aspettarmi dal resto».
*L’Economia, 25 febbraio 2019