Champions 2019, l’indagine sulle piccole e medie aziende italiane, alla seconda edizione si sdoppia e allarga il perimetro aggiungendo, alle 500 migliori imprese con fatturato dai 20 ai 120 milioni, le 100 migliori imprese con ricavi tra 120 e 500 milioni.
Scopo dell’indagine, per entrambi i cluster, è l’individuazione e l’analisi delle singole performance delle imprese che, negli ultimi sei esercizi, hanno registrato risultati superiori sia alle medie di settore che all’insieme delle aziende del campione di riferimento, in termini di crescita, redditività, patrimonializzazione e indipendenza finanziaria. Per farlo abbiamo utilizzato un approccio basato, oltre che sull’analisi di bilancio, su approfondimenti verticali relativamente a struttura, governance e settori di attività per ciascuna delle imprese selezionate. La ricerca è stata svolta, per conto del Centro Studi Italypost, da un team interdisciplinare composto da analisti finanziari della Credit Rating Agency ModeFinance e da esperti in corporate finance della società di advisory finanziaria indipendente Special Affairs.
La novità di questa edizione, cioè l’allargamento dell’indagine alle aziende più grandi, ci ha consentito di analizzare sia il consistente substrato comune dei due cluster, cioè tutte le caratteristiche per cui queste imprese si assomigliano moltissimo, indipendentemente da settori e dimensioni, sia le dinamiche di differenziazione fra i due gruppi di aziende, cioè come si configura il passaggio da una dimensione tutto sommato non piccola (per i criteri nazionali, ma che rimane comunque piccolissima se spostiamo l’ottica a livello europeo) a una dimensione che consente, fra le cose più rilevanti, una presenza più stabile e continuativa sui mercati globali.
Gli elementi comuni sono tanti, dal presidio familiare nella quasi totalità dei casi, sia a livello strategico che operativo, alla capacità di pianificare e anticipare i mercati con un’ottica di lungo periodo, o di reagire con immediatezza alle immancabili congiunture negative; dalla vocazione internazionale al focus prevalente e continuativo sulle competenze e sulla specializzazione; dalle scelte di rafforzamento dell’azienda in alternativa alla distribuzione immediata degli utili fra gli azionisti fino all’utilizzo razionale e in un’ottica esclusiva di partnership della finanza e del sistema bancario.
Le differenze toccano in prima istanza le strategie di crescita — integrazione verticale e orizzontale — che hanno portato le Champions 120-500 a grandi (ma oculate) campagne acquisti, perché la crescita per linee interne non è sufficiente a sostenere la concorrenzialità sui mercati mondiali o in mercati spesso maturi, sui quali «piccolo» non è bello per niente.
Se parliamo invece di struttura societaria e di governance, spesso nelle grandi aziende abbiamo trovato configurazioni più semplificate e catene decisionali più corte rispetto alle imprese di minori dimensioni. A dimostrazione del fatto che l’eccessiva complessità, frutto spesso di allargamento delle compagini societarie e al succedersi delle generazioni, è nemica dell’efficienza. E che per diventare «grandi» occorre ottimizzare per primo il vertice, integrandolo opportunamente con competenze esterne e rafforzando la componente manageriale.
*Project leader Champion 2019 e Partner di Special Affairs
L’Economia, 18 febbraio 2019