È stallo nelle trattative fra Gran Bretagna ed Europa. E con 50 giorni alla Brexit, è sempre più difficile immaginare che si riesca ad arrivare in tempo a un accordo: per cui lo scenario più probabile è quello di un rinvio tecnico dell’uscita di Londra dalla Ue, quel tanto che basta per prepararsi alla meno peggio al temuto no deal, il divorzio catastrofico.
Ieri Theresa May ha incontrato a Bruxelles i leader dell’Unione Europea, a partire dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker: i colloqui sono stati definiti «robusti ma costruttivi», il che vuol dire, in linguaggio diplomatico, che il disaccordo è totale ma almeno non sono venuti alle mani. I due leader hanno deciso di rivedersi a fine mese: dunque per tutto febbraio non si prevede ancora alcuna svolta.
Il nodo irrisolto resta quello del cosiddetto «backstop», la polizza di assicurazione per impedire il ritorno a un confine fisico tra le due Irlande: a Londra temono che sia un meccanismo per intrappolare all’infinito la Gran Bretagna nell’orbita europea e dunque il Parlamento di Westminster lo ha bocciato a larga maggioranza a metà gennaio.
La May chiede una garanzia legale che il «backstop» sia a tempo determinato: ma gli europei obiettano che una polizza di assicurazione con una data di scadenza non ha senso. Tutto quello che Bruxelles è pronta a offrire sono delle assicurazioni a contorno del testo dell’accordo: il che non è però abbastanza per convincere i deputati britannici ad approvarlo.
Una via d’uscita stanno provando a trovarla, in extremis, i laburisti:Corbyn si è offerto di dare il sostegno del suo partito all’accordo sulla Brexit purché si vada verso un’uscita molto soft, che mantenga la Gran Bretagna all’interno dell’unione doganale . Un’ipotesi sulla quale potrebbero convergere anche i conservatori moderati e che potrebbe prendere corpo in Parlamento già la prossima settimana.
Ma intanto la clessidra continua a scorrere verso la data prevista per l’uscita, cioè il 29 marzo. E non sembra esserci più tempo per mettere in atto tutta la legislazione necessaria per regolare il divorzio: dunque si parla con sempre più insistenza di un rinvio di due-tre mesi della Brexit.
Ma lo scopo non sarebbe quello di raggiungere un accordo fuori tempo massimo, bensì quello di prepararsi al meglio al no deal, il divorzio catastrofico senza paracadute. «Ci stiamo davvero dirigendo verso l’abisso — ha detto al Financial Times una fonte europea vicina ai negoziati —. Possiamo dilazionare fino a giugno, ma sta arrivando. Il rischio di un no deal è enorme».