Il monito di Bruxelles è perentorio: il governo italiano sulla Tav deve decidere perché in caso di «ulteriori ritardi», la Commissione Ue «non esclude» di chiedere all’Italia la restituzione dei fondi già versati e di destinare a progetti di altri Paesi le risorse messe a disposizione. Fatti due conti significa restituire circa 500 milioni, di cui 370 finanziati dal programma 2014-2017 e altri 120 da quello attuale, che prevede uno stanziamento di 813 milioni di euro. Complessivamente, l’Italia rinuncerebbe quindi a circa 1,2 miliardi.
Il tentativo di prendere tempo e scavallare le europee del 26 maggio a questo punto non è più percorribile. Anche perché per Bruxelles non ci sono ulteriori accertamenti da fare. «Non è stata la Commissione» a chiedere l’analisi costi-benefici, sottolinea il portavoce della Commissione con riferimento al dossier commissionato dal ministro Danilo Toninelli. «Un’analisi simile era già stata presentata da Italia e Francia nel 2015» – ricorda – e il board del Connecting Europe Facility (Cef), il fondo che ha messo a disposizione le risorse, aveva dato «un giudizio positivo in termini di efficienza, sicurezza e impatto ambientale».
Le precisazioni di Bruxelles arrivano proprio all’apice dello scontro nel Governo sulla Tav e non solo, viste le opposte posizioni sul Venezuela e le tensioni sulla richiesta di autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini sul caso Diciotti sul quale il M5S non ha ancora preso una posizione chiara. «Se i lavori partono, il primo treno partirà nel 2030. Bisogna decidere se spendere i soldi per riempire il tunnel o per finire l’opera», ha ripetuto anche ieri il vicepremier della Lega, ribadendo la disponibilità a un progetto meno dispendioso. Ma è un’ipotesi che il M5S non prende neppure in considerazione. Per dirla con Luigi Di Maio: una «supercazzola».
I toni sono sempre più aggressivi. «Se continuano ad insultarmi e a darmi del rompicoglioni le cose si fanno più complicate…», la minaccia affatto velata di Salvini. Il Capo pentastellato assicura che non ci sarà una crisi di governo ma il M5S resta sulle barricate. «Analisi costi benefici su #Tav è stata decisa da un Governo sovrano che vuole spendere al meglio i fondi pubblici. Ue stia tranquilla, tra pochi giorni avrà, come da accordi, tutta la documentazione», twitta il ministro delle Infrastrutture rispondendo a Bruxelles in vista del confronto del 15 febbraio. Che il verdetto dei tecnici di Toninelli sia negativo è ormai notorio. E il ministro lo conferma: «Né le persone né le merci ci passeranno mai, perché chi se ne frega di andare a Lione».
Ad aumentare la tensione c’è ovviamente anche l’imminenza degli appuntamenti elettorali: domenica si voterà in Abruzzo e due settimane dopo, il 24, in Sardegna. In entrambe le Regioni il M5S alle politiche aveva conquistato il primato attestandosi al 40% ma in questi mesi di governo il Movimento ha perso consensi mentre la Lega è in fortissima ascesa. Di qui la necessità per i Cinque stelle di recuperare – come ha rivelato lo stesso premier Giuseppe Conte alla cancelliera Merkel nel fuori onda rubato da La7 – rilanciando i cavalli di battaglia, a partire dal «No» alla Tav.