È trascorso quasi un anno dal voto del 4 marzo.
Che ha segnato un cambiamento profondo negli orientamenti politici degli italiani. E nella composizione del Parlamento. Le elezioni, infatti, hanno visto prevalere, su tutti, il M5s. Spinto, quasi costretto, a governare, insieme alla Lega di Salvini.
L’altro protagonista inatteso della nuova scena politica. Oggi, a quasi un anno di distanza, il quadro appare profondamente mutato.
Non tanto nell’insieme. Perché la maggioranza rimane la stessa.
Formata e fondata sull’alleanza fra Lega e 5 Stelle. Con la stessa “guida”, Giuseppe Conte.
Assistito e “guidato”, dai due Vice: Matteo Salvini e Luigi Di Maio.
Leader dei partiti dominanti.
Tuttavia, come mostra il sondaggio dell’Atlante Politico di Demos, condotto nei giorni scorsi, è cambiato il peso elettorale delle principali forze politiche. A partire dai partiti di governo.
Insieme, hanno rafforzato la base elettorale della maggioranza. Alle elezioni di un anno fa, insieme, superavano appena il 50%. Oggi si avvicinano al 59%.
“All’opposizione”, Il Pd pare in ripresa. Oltre il 18%. Si avvicina al risultato del 4 marzo, dopo essere disceso fino al 16,5%, lo scorso ottobre. FI galleggia intorno al 9% (oggi: 9,4%). Gli altri stanno i margini. A Sinistra (LeU), a Destra (Fd’I), al Centro (+ Europa). Tutti prossimi al 3%. Dunque, l’intesa Giallo-Verde mantiene una larga maggioranza. Tuttavia, è difficile ritenerla solida. E, soprattutto, “stabile”. Perché i rapporti di forza segnalati dai sondaggi, non solo di Demos, ma di tutti i principali istituti, appaiono profondamente “instabili”.
Pressoché rovesciati, rispetto a un anno fa. Infatti, secondo le stime di voto, il partito dominante è divenuto la Lega. Vicina al 34%.
Praticamente il doppio, rispetto al 4 marzo. Mentre il M5s è sceso costantemente. Oggi è appena sotto al 25%: 8 punti in meno rispetto alle elezioni politiche.
Quasi 9 sotto alla Lega. La maggioranza Giallo-Verde, dunque, è divenuta Verde-Giallo.
Ma la fiducia verso il governo non sembra averne risentito. Perché, dopo il picco rilevato in settembre, appare stabile e largamente “maggioritaria”: 58-59%. Come in giugno, al momento dell’investitura.
Tuttavia, il baricentro del consenso sembra essersi spostato decisamente. Verso la Lega. A questa tendenza ha contribuito, sicuramente, il ruolo del leader.
D’altronde, come abbiamo mostrato nella Mappa pubblicata alcuni giorni fa oggi il leader conta sempre più. Quasi 6 italiani su 10 affermano che sia necessario un “leader forte a guidare il Paese”. Un orientamento condiviso, anzitutto, fra gli elettori della Lega e di FI. Ma anche del M5s. Seppure, nella graduatoria dei leader in base alla fiducia degli italiani, il grado di personalizzazione della Lega risulti molto più elevato. Il gradimento di Matteo Salvini, infatti, è saldamente attestato sul 60%: 10 punti sopra Di Maio.
Comunque, il leader più popolare dei 5s. Tutti gli altri si collocano più in basso. A (Centro)Sinistra, Gentiloni si conferma il più gradito. Mentre più indietro incontriamo Nicola Zingaretti e, più sotto, Carlo Calenda. Pietro Grasso, leader di una Sinistra ai margini, sul piano elettorale, scende di qualche punto. Ora è al 29%.
Matteo Renzi chiude la fila.
Ultimo. Poco più avanti, Maurizio Martina. Mentre l’inventore del “partito personale”, Silvio Berlusconi, è ancorato al 30%.
Superato, a Destra, (in ogni senso…) da Giorgia Meloni.
Non bisogna, però, dimenticare il premier, Giuseppe Conte. L’unico a reggere il confronto con Salvini. Anch’egli, infatti, ottiene il 60% dei consensi. In lieve crescita nell’ultimo mese. Un dato significativo, anche se la maggioranza degli elettori intervistati (56%) ritiene che il vero premier non sia lui, ma Salvini. Tuttavia, la credibilità di Conte appare in crescita. Oggi, infatti, il 22% degli italiani lo considera il leader del governo: 6 punti in più rispetto allo scorso ottobre. Questa valutazione è condivisa da oltre un terzo degli elettori del M5s. Che lo considera “il Capo”. In misura superiore perfino a Salvini. Seppure di poco. Ma assai più rispetto a Di Maio.
La maggioranza e il governo, dunque, dispongono ancora di un largo sostegno elettorale. Eppure, si colgono elementi di in-stabilità.
Nel percorso e nelle basi del consenso.
Due, in particolare. Il primo, evidente, riguarda lo squilibrio crescente nei rapporti di forza.
Tra il Parlamento e gli orientamenti di voto. Perché il Parlamento riflette la composizione espressa dalle elezioni di un anno fa. Quando il M5s aveva ottenuto quasi il doppio dei consensi rispetto alla Lega. Mentre oggi il peso elettorale della Lega è molto superiore. E in crescita. L’altro elemento di instabilità richiama l’importanza del leader. Sul piano generale: Salvini sopra tutti.
Molto sopra a Di Maio. Ma alla pari di Conte. Il quale, nella base del M5s, risulta più considerato dello stesso Di Maio. Come leader di governo. A differenza di alcuni mesi fa.
Così, il percorso della maggioranza appare difficile.
Anche se l’opposizione ancora non si vede. In attesa che il Pd, lungo il cammino delle primarie, riemerga dalle nebbie del “partito personale” disegnato da Renzi. E tratteggiato criticamente da Antonio Floridia, in un recente saggio (Un Partito sbagliato, Castelvecchi ed.).
I problemi, per il governo, dunque, sembrano emergere “soprattutto” dall’interno. Non solo per l’approccio diverso e spesso divergente, fra Lega e M5s, in merito ai temi affrontati. Dalla Tav fino al “reddito di cittadinanza”. Ma per una questione di leadership, destinata a divenire più incerta e contrastata.