Devono mostrarsi tranquilli, sicuri, magari fare pure la faccia feroce scaricando sui governi precedenti la colpa di essere entrati in zona recessione. Nessuna manovra correttiva, assicurano in fila il premier Giuseppe Conte e i suoi due vice Matteo Salvini e Luigi Di Maio, perché bisogna attendere le magnifiche sorti progressive di Quota 100 e del reddito di cittadinanza, gli effetti taumaturgici di provvedimenti che dovrebbero fare la differenza. E magari sperare che intanto Usa e Cina facciano la pace sui dazi. Alcuni giorni fa il leader dei 5 Stelle aveva perfino detto che siamo alla vigilia di «un boom economico» che nessuno vede. Dietro queste certezze granitiche c’è invece tanta preoccupazione a Palazzo Chigi. Nel vertice di ieri mattina si è affacciata l’ipotesi di una correzione dei conti, senza ancora entrare nel merito di cosa bisognerebbe fare. «Al momento non se ne parla», è stata la linea concordata. Anche perché significherebbe contraddirsi, ammettere di avere sbagliato manovra economica prima ancora di verificare l’effetto che avrà nei prossimi sei mesi: a giugno se ne riparla.
È necessario però «accelerare il programma di investimenti pubblici previsti dal governo», avverte il ministro dell’Economia. E sbloccare le opere pubbliche, compresa la Tav, puntualizza il leader della Lega. Anche aggiornando il progetto, rivedendo «le spese eccessive, come la mega stazione di Susa», precisa il ministro dell’Interno che oggi sarà a Chiomonte «per portare solidarietà alle migliaia di poliziotti che da anni proteggono il cantiere». Ma anche per mandare un segnale ai 5 Stelle: gli scavi sono iniziati, non è vero come dicono i grillini che i lavori non sono iniziati. Una risposta pure alla provocazione del sottosegretario M5S Stefano Buffagni che ieri ha postato un video mentre percorre in auto la A35: «Questo video lo dedico a quelli bravi a fare i conti, quelli che hanno detto che la BreBeMi stava in piedi quando io ho detto che forse sui loro conti sul Tav qualche dubbio ce l’ho. Ecco, questi sono i conti che hanno fatto loro. Non fidatevi delle parole di un politico, ma della realtà. Facciamo insieme le infrastrutture utili al Paese e diciamo “no” agli sprechi. Guardate, è il deserto dei Tartari all’ora di punta», sottolinea mostrando la strada vuota.
La Tav rimane una ferita aperta, senza una soluzione, ma su come reagire alla recessione gli alleati gialloverdi sono uniti nel dire «al momento nessuna manovra correttiva». Sono «dati transitori», minimizza il premier Conte. È «colpa dei governi precedenti», dice Di Maio. Più prudente invece Salvini. «Non mi interessa di chi sia la colpa, gli effetti della manovra si vedranno nei prossimi mesi», precisa il capo del Carroccio. L’unica manovra che prevede è quella futura per il 2020 «solo per ridurre ulteriormente le tasse». E intanto «stiamo lavorando a un decreto legge “cantieri veloci” entro il 9 marzo per dimezzare i tempi del via ai lavori. Voglio vedere in Parlamento chi dice di no», è la sfida di Salvini.
Che adesso a Palazzo Chigi non stiano pensando a una manovra correttiva, senza però escluderla a metà del 2019, lo dimostra un fatto: M5S e Lega hanno cominciato a lavorare alle loro priorità per il prossimo Def. Sono stati già fatti alcuni incontri. La Lega ne ha fatto uno mercoledì scorso per cominciare a scrivere il programma per i prossimi anni. Puntano tutto sulla flat tax al 15 per cento entro la fine della legislatura per tutti i contribuenti e sulla deduzione fissa per ogni componente familiare. L’obiettivo per il 2020 sarà abbassare la prima aliquota Irpef, quella del 23 per cento. Sarà il prossimo cavallo di battaglia leghista nella campagna elettorale delle Europee, insieme agli investimenti pubblici e allo sblocca-cantieri.
Fino al 26 maggio, data del voto per rinnovare il Parlamento europeo, di manovra correttiva non si deve parlare. Anche perché in sequenza ci sono le elezioni regionali in Abruzzo (10 febbraio) poi Sardegna e Basilicata. Di correzione dei conti se ne parlerà a giugno.