Ultimo trimestre del 2018 ancora in negativo, dopo il -0,1% registrato nei mesi estivi, e una crescita 2019 che non andrebbe oltre un +0,6%, per di più con rischi al ribasso. È la proiezione sulla congiuntura nazionale stilata dalla Banca d’Italia che, ieri, ha pubblicato il primo Bollettino economico dell’anno. Si tratta dei primissimi numeri ufficiali che danno forma e sostanza alle preoccupazioni governative sulla «stagnazione» in arrivo. E che non promettono una più robusta dinamica del prodotto interno negli anni a venire, visto che tra il 2020 e 2021 si oscillerebbe attorno a un +0,9/1%. Stime commentate così dal vicepremier M5s Luigi Di Maio: «Sono diversi anni che la Banca d’Italia non ci prende nelle stime che fa».
Quest’anno il Pil perderebbe quattro decimali rispetto alle previsioni precedenti per diversi fattori, a partire dalla minore “eredità statistica” in arrivo dal 2018, visto che il Pil acquisito scende dello 0,2%. A indebolire la domanda aggregata peserebbe il ridimensionamento dei piani di investimento delle imprese (si veda l’Indagine sulle aspettative di inflazione e crescita anticipata il 12 gennaio scorso sul Sole 24 Ore) e il rallentamento del commercio internazionale. Naturalmente è vietato parlare di “recessione tecnica” fino a che non arriveranno i dati Istat sull’ultimo trimestre 2018, attesi a fine mese.
Le proiezioni di Bankitalia aggiornano l’esercizio previsivo fatto dall’Eurosistema sui dati disponibili al 27 novembre scorso. La debolezza della crescita andrebbe di pari passo con un’inflazione indicata in graduale rialzo dall’1% di quest’anno all’1,5% nella media del biennio successivo (lo scorso dicembre l’indice dei prezzi al consumo è calato all’1,2%) ma a pesare sul rallentamento resta l’incertezza dei mercati finanziari, nonostante l’accordo tra il Governo e la Commissione europea sulla manovra di Bilancio abbia fatto scendere di 65 punti, rispetto ai massimi di novembre, i premi per il rischio sui titoli sovrani (lo spread BTp-Bund viaggia ora attorno a 260 bp) mentre a metà gennaio i premi sui Cds delle principali banche erano di 40 punti base inferiori rispetto a metà di novembre. Le condizioni del credito restano distese – si legge nel Bollettino – con tassi di interesse sui prestiti solo lievemente più elevati che in maggio, «prima del manifestarsi delle tensioni sul mercato dei titoli di Stato». Ma in prospettiva gli elevati rendimenti sovrani faranno sentire i loro effetti sui costi di raccolta bancaria, con una conseguente spinta al rialzo il costo del credito. Il lato positivo, su questo fronte, viene invece dalla continua riduzione dei crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti: nel terzo trimestre 2018 hanno toccato il 4,5% al netto delle rettifiche (-1,8% rispetto a un anno prima). E anche il flusso dei nuovi crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti resta contenuto (1,7%, nel trimestre).
Intervenendo ieri in Abi alla presentazione di un volume su Guido Carli, il governatore Ignazio Visco ha sottolineato, tra l’altro, il costante richiamo di Carli «alla possibilità di ristagno permanente dovuto sicuramente alle crisi finanziarie ma in gran parte alle difficoltà delle imprese». Per una crescita duratura non c’è altra strada, ha proseguito Visco, «che sostenere la domanda, gli investimenti ma soprattutto mettere le imprese in grado di investire e innovare». Una prospettiva di politica economica resa più difficile dall’aumento del debito pubblico.