O Malacalza partecipa per la sua quota all’aumento di capitale di Carige, o la banca finisce nelle mani di un altro istituto. Ecco il bivio che attende la famiglia genovese, che rischia grosso e ne è consapevole. Fonti di palazzo restringono il cerchio attorno a Unicredit quale banca individuata dal governo per intervenire. Il gruppo guidato da Jean Pierre Mustier prosegue nella linea del «no comment» e pur puntando sempre su una dimensione europea, a Roma verrebbe considerata la soluzione. Secondo quanto ricostruito, già in passato ci sono stati approcci con l’istituto di piazza Gae Aulenti sul dossier Carige andati a vuoto. Un ripensamento potrebbe avvenire se il governo fosse disposto a mettere una «dote» sostanziosa, replicando quanto fatto con Intesa Sanpaolo e le venete. Ma la famiglia Malacalza resta in gioco, non è mai uscita dalla partita e si mantiene «dialogante». Anzi, l’obiettivo è quello di «dare continuità al dialogo» e ambienti vicini ai Malacalza, che per la prima volta si confidano, fanno sapere che «la famiglia vive la tempesta di questi giorni con preoccupazione per le sorti della banca, ma anche con la tranquillità di chi aveva chiesto e continua a chiedere fin da tempi non sospetti chiarezza sul passato, piano e numeri credibili».
Una chiarezza oggi auspicata dallo stesso governo, con la necessità di spazzare ogni nube sul passato, e sul presente, dell’istituto. Non a caso sono molti i punti in comune tra il decreto del governo e quanto richiesto dallo stesso azionista nell’ultima assemblea, il 22 dicembre, quando i Malacalza si sono assunti la responsabilità di non partecipare all’aumento di capitale. In fondo, notano gli ambienti vicini a Malacalza, «sono passati quasi 120 giorni da quando l’ad Fabio Innocenzi e il presidente Pietro Modiano sono saliti in sella e a fronte dell’impegno richiesto a Malacalza per l’aumento non c’è nessun documento o piano, neppure abbozzato».
Chiarezza per investire, è il mantra ripetuto dai Malacalza. E ora dal governo, che indica come, al momento di una eventuale richiesta della banca di usufruire dell’intervento dello Stato, «vada indicato il piano di ristrutturazione, le misure da intraprendere per il rafforzamento, la stima dell’effettivo valore delle attività e passività». Temi anticipati dai Malacalza, in assemblea, nella loro denuncia di «assenza di un piano industriale, di documenti di pianificazione strategica, della completa e definitiva stima del valore del portafoglio crediti».
Indicazioni potrebbero arrivare tra quaranta giorni quando, dice l’ad Innocenzi, ci sarà un piano. E a quel punto potrebbe cambiare lo scenario per i Malacalza, fin qui sempre rispettosi degli impegni richiesti e anche della privacy sui contenuti delle telefonate con il premier Conte, su cui non si sbilanciano. Sarebbero invece «visti con favore e quasi un sospiro di sollievo le richieste di chiarimenti sulle cause del dissesto e sulle liste dei debitori di Carige sia del passato che dietro le ultime rettifiche», come chiesto dal governo.
Sul fronte giudiziario, la notizia finora mai trapelata, d’una causa-monstre intentata dalla banca verso gli ex padri-padroni dell’istituto: Giovanni Berneschi, presidente e ad per oltre dieci anni fino al 2013, e Ferdinando Menconi, al vertice delle assicurazioni poco prima. Carige chiede ai due manager 138 milioni, valore sulla carta quasi doppio all’attuale capitalizzazione. Nel mirino sono i danni d’immagine e patrimoniale arrecati con le malversazioni che un processo penale ha già sanzionato con quasi 9 anni di condanna per entrambi: compravendite immobiliari-truffa, gestite dall’allora comparto assicurativo, le cui plusvalenze sono state riciclate in Svizzera. E, sullo sfondo, la gestione che zavorrò la Cassa di crediti irrecuperabili, ancorché talvolta garantiti con ipoteche immobiliari sulle quali c’è un po’ di mistero: dai 90 milioni agli industriali della frutta Orsero mai rientrati dai Caraibi, alle operazioni in perdita con lo Ior, senza dimenticare i fidi all’immobiliarista oggi latitante Andrea Nucera e i prestiti al presidente del Genoa Enrico Preziosi.