«È stata consegnata al governo l’analisi costi-benefici sulla Tav Torino-Lione». Lo annuncia il professor Marco Ponti, che ha guidato il comitato tecnico incaricato di redigere il documento. Ora è nelle mani del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli. Il mistero avvolge i contenuti del rapporto, che Toninelli non intende divulgare prima di condividerli con la Francia, Bruxelles e gli alleati di governo, anche loro tenuti all’oscuro di tutto. Ma sono numerose le indiscrezioni, provenienti dal Movimento 5 stelle e da ambienti vicini al team del professor Ponti, secondo le quali l’esito dell’analisi sarebbe negativo.
«È solo una bozza preliminare, ora allo studio della struttura tecnica del Mit», si affrettano a specificare dal ministero. Secondo quanto risulta a La Stampa, invece, si tratta del documento definitivo. E una cifra, in particolare, contenuta nella relazione di Ponti, inizia a circolare con insistenza: quella del 3,5%. È ’indice di redditività di un’opera. Se non si passa quell’asticella, secondo il M5S, l’infrastruttura può essere considerata «non strategica». E la soglia minima, nell’analisi del professor Ponti, non sarebbe stata superata.
Il documento blindato nel ministero di Toninelli sarebbe stato ricalcato su una precedente analisi costi-benefici (del 2012) e conseguita dal soggetto promotore, l’allora Lyon Turin Ferroviaire, oggi Telt. Al tempo, l’indice di redditività sfiorò il 5%. Un risultato che però, per Ponti, era stato gonfiato da calcoli errati. Nell’attuale analisi, infatti, Ponti avrebbe radicalmente ridimensionato i benefici apportati dalla maggiore sicurezza (in relazione agli incidenti) derivante dal passaggio dal trasporto su gomma a quello su ferro. Allo stesso modo, i benefici calcolati dalla deviazione del traffico delle merci, nell’attuale relazione di Ponti sarebbero stati calcolati non più solo in relazione ai costi, ma alle «variazioni del surplus sociale».
Questa non sarà l’unica analisi costi-benefici sulla Tav. In parallelo alle stime economiche è stata commissionata una relazione giuridica che esamini gli accordi con la Francia e con l’Ue e i contratti con i soggetti appaltanti. «Per questo, ho inviato al ministero documenti e pareri che mi hanno chiesto», rivela Massimo Bongiovanni, l’avvocato vicino ai No Tav e componente della commissione giuridica della Comunità montana Val Susa. In quei documenti, dice Bongiovanni, «ho spiegato che non esiste il pericolo di penali, in caso di recesso dei contratti firmati fino ad oggi». Le conclusioni della relazione giuridica, comunque, arriveranno «tra circa dieci giorni», affermano dal Mit.
Il giallo dell’analisi costi-benefici di Ponti, tenuta secretata, alimenta le proteste del fronte del Sì alla Torino-Lione, che chiede chiarezza al governo e promette di scendere in piazza. Chi invece sente vicina la “vittoria” è una parte del mondo No Tav. «Ho la sicurezza assoluta del risultato», dice Luca Giunti, ex membro del comitato tecnico No Tav, «perché abbiamo collaborato a lungo con Ponti». Giunti, infatti, oltre ad aver lavorato a contatto con il professore incaricato da Toninelli, è anche autore del libro “Tav No Tav”, al quale Ponti collaborò, scrivendone un capitolo. Sono numerosi, poi, i sindaci della Val Susa che si dicono ottimisti e sperano in una bocciatura del progetto. Come Nilo Durbiano, sindaco di Venaus, che chiede di «ragionare con il governo sugli interventi di adeguamento della linea storica», in alternativa alla Tav. Perché il rischio, per Durbiano, è che «qualunque altra proposta ci porti ad altri 30 anni di contrapposizione». L’anima “popolare” del mondo No Tav, incarnata dallo storico leader Alberto Perino, si mostra invece prudente: «Non ci sono governi amici. Stiamo attenti a quello che succede». La fiducia nella politica, d’altra parte, «in questa valle è andata perduta da tempo», sostengono diversi attivisti No Tav. E citano ad esempio il sottosegretario all’Economia Laura Castelli, un tempo movimentista: «Non l’abbiamo più vista alle nostre manifestazioni». E secondo qualcuno sarebbero «mesi che non risponde più al telefono». Mentre Toninelli – lamentano – «qui non si vede da tempo».