Domani Matteo Salvini sarà a Varsavia, ospite di Jarosław Kaczyński, il leader dell’ultraconservatore Diritto e Giustizia che è in procinto di fondere la propria famiglia europea al progetto dell’internazionale populista che il capo della Lega ha in testa in vista del voto di maggio. Luigi Di Maio che oggi sarà a Bruxelles, invece potrebbe incontrare una delegazione dei gilet gialli già questo sabato a Roma, prima di andare, la prossima settimana, in Francia con Alessandro Di Battista, per lanciare da Strasburgo la campagna elettorale. Lo farà con un effetto sorpresa, proponendo una manifesto che proietterà a livello europeo le storiche campagne grilline, dal reddito di cittadinanza al taglio degli stipendi dei parlamentari. Così cercherà di saldare il destino del M5S ai gilets jaunes, testando le intenzioni dell’ala moderata di farsi partito, con sondaggi che lo quotano al 16%. C’è già un nome, Les Emergents, e una leader, Jacline Mouraud, tra i portavoce del variegato movimento, minacciata di morte dalla fronda più radicale. Ed è proprio con lei che Di Battista e Di Maio potrebbero vedersi nel loro soggiorno francese per parlare di un apparentamento che dia più peso a entrambi a Bruxelles.
Perché è solo guardando alle elezioni di primavera che si può capire l’endorsement del M5S e la presa di distanza, pochi minuti dopo, delle frange più violente dei manifestanti francesi da parte del leader leghista. Una precisazione tattica che svela tutta la differenza, per tempi, modi e obiettivi, della strategia tra i due alleati di governo. Di Maio sposa la piazza, indossa la casacca fluorescente simbolo delle rivolte parigine, in cerca di una comunanza con le radici movimentiste dei 5 Stelle che dia un senso al suo piano di un cartello populista contrapposto al fronte sovranista. Salvini guarda alle leadership che governano i Paesi e davanti a sé ha una tela che ha cominciato a tessere molto tempo fa. Per i grillini la sfida è più complicata, in equilibrio con le sinuosità e le capriole del Movimento capace di passare dall’infatuazione per Emmanuel Macron ai suoi attuali avversari di strada. Era il novembre 2017, e allora come oggi Di Maio era alla ricerca di una legittimazione europea, che liberasse il Movimento dal suo isolamento: «Presidente Macron il M5S crede profondamente, proprio come Lei, in una rifondazione dell’Europa». In quei giorni Di Maio era stato da poco nominato capo politico e si apprestava a condurre una vittoriosa campagna elettorale. Nella lettera a Macron elencava tutti i punti che lo accomunavano al leader di En Marche!. Un anno e due mesi dopo altra lettera, altri amici francesi, altri punti in comune. Solo che adesso è più complicato, essere vicepremier, ministro, soffiare sulla rabbia contro il governo di un altro Paese (e il M5S ha sempre criticato le ingerenze straniere), mentre in Puglia altri gilet, arancioni, protestano contro il governo italiano, cioè contro di lui, per non aver stanziato risorse a favore degli agricoltori.
I gilet francesi di oggi sono i forconi italiani di ieri, meteore giacobine in cerca di altri Termidoro che i 5 Stelle hanno corteggiato prima e allontanato poi. Eppure non è passato che un mese da quando Beppe Grillo ha suggerito di quadriplicare il prezzo della benzina per scoraggiare l’uso dell’automobile mentre i 5 Stelle introducevano l’ecotassa come incentivo per il settore elettrico. La miccia che ha acceso le proteste francesi è stata proprio la frustrazione sul caro benzina e una misura non molto dissimile proposta da Macron. Una contraddizione che è frutto, secondo Di Maio, solo di una «visione parziale» del movimento francese. «In realtà ci sono molti contatti tra il contratto M5S -Lega e i 25 punti del manifesto dei gilet gialli» spiega l’economista Antonio Maria Rinaldi, simpatizzante del governo e organizzatore di un evento, sabato, a cui parteciperanno Véronique Rouille e Yvan Yonnet, altri due capi moderati della sollevazione. L’attacco alle banche, l’annullamento del debito, la richiesta di un sussidio universale e una forma di partecipazione diretta che superi i partiti tradizionali… sono tra i punti. Al loro sorgere, in Francia si parlò di «parfum d’Italie». Ora Di Maio rivendica la primogenitura e lo fa offrendo la piattaforma Rousseau ai francesi, sancendo l’offerta con una foto del suo gruppo al lavoro. Su 11 persone c’è un solo eletto, Di Maio. Sono loro a decidere la strategia per tutti i grillini, C’è Di Battista, e accanto a lui Selena Caputo, responsabile dei suoi tour con l’agenda pronta per gli appuntamenti europei. Poi c’è lo staff del leader, cioè la Casaleggio al completo, a partire da Davide.