Dopo un quasi un decennio di mercato Toro su molte Borse il 2018 ha registrato una pesante svolta negativa per quasi tutti i listini globali. Ma non sono stati soltanto gli investimenti in Borsa a subire perdite cospicue, con cali che vanno dal -27,7% di Atene, peggior listino d’Europa, al -18% del Dax di Francoforte al più «sostenibile» -2% delle blue chip statunitensi dell’indice S&P500, passando per il -16,15% del listino di Piazza Affari. A subire il contraccolpo di una situazione economica confusa — dominata dai timori di un rallentamento della crescita globale, dai rischi geopolitici, dai venti di guerra commerciale tra Usa e Cina e da un nuovo ciclo rialzista dei tassi di interesse negli Stati Uniti — sono state anche le obbligazioni sia governative che societarie e dei Paesi emergenti. Nel reddito fisso le perdite hanno raggiunto punte anche del 4-6%. E mentre il greggio scendeva di oltre l’11%, l’oro, tradizionale bene rifugio, svolgeva mestamente la sua funzione di protezione del portafoglio con un rialzo di appena il 2,4%.
Piazza Affari ha subito i venti contrari di un clima internazionale sfavorevole e il contraccolpo di una difficilissima gestazione della Legge di Bilancio. Se il Ftse Mib «limita» le perdite al 16,15%, il calo dai massimi di maggio 2018 è addirittura del 25%. E nella penultima seduta dell’anno è stato toccato il minimo dal 2016, peraltro corretto dal rialzo dell’1,44% della giornata di ieri. Per effetto di questi cali diminuisce il peso di Piazza Affari sull’economia del Paese. Ieri il valore complessivo delle società quotate in Italia raggiungeva i 543 miliardi, 101,3 miliardi in meno rispetto ai 644 di fine 2017. Una capitalizzazione che corrisponde al 33,5% del Pil italiano, contro il 37,8% del 2017.
Il comparto del reddito fisso ha retto meglio alla altissima volatilità dei mercati, che nel caso delle azioni ha superato la quota di 33 (indice Vix), uno dei valori più alti del decennio. I titoli di Stato italiani hanno perso, nel complesso l’1,5%, ma la crisi dello spread ha pesato duramente sulle obbligazioni decennali, con i Btp in calo di oltre il 10%. Hanno tenuto bene i titoli rifugio, come i Bund tedeschi, una performance positiva del 2,5%, che riesce a battere il tasso di inflazione (+1,7% a novembre in Italia)
«Qualità e liquidità sono i criteri guida per orientare le scelte di investimento nel 2019, un anno in cui la volatilità rimarrà molto elevata e in cui le attività scarsamente smobilizzabili potrebbero rivelarsi troppo rischiose», spiega Mario Beccaria, responsabile dell’asset management (le gestioni di portafoglio) di Banca Generali. Un avvertimento che collima con gli indicatori appena elaborati dalla banca americana State Street il cui indice di fiducia degli investitori evidenzia un calo a livello globale da 82,6 a 79,2 punti nel mese di dicembre (ma un miglioramento di 2 punti in Europa e addirittura di 8,7 punti in Asia). «Gli utili societari saliranno di circa il 10% in Europa e negli Usa e le valutazioni dei titoli sono a sconto. Mentre tra i bond potrebbero essere favorite le emissioni societarie a scadenza breve», conclude Beccaria.