È stata la giornata più lunga del governo Conte. A palazzo Madama, dopo giorni di attesa, di rinvio in rinvio arriva il maxiemendamento dell’esecutivo, una manovra bis che riscrive il testo di Di Maio e Salvini. All’ora di pranzo in Senato approda il nuovo testo, bollinato dalla Ragioneria generale. Sembra fatta. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro si presenta in Aula e annuncia che «il governo sottopone alla presidenza il testo di un emendamento interamente sostitutivo dell’articolo 1» della manovra sul quale «verrà posta la questione di fiducia». Uno scenario che fa dire al presidente della Camera Roberto Fico che «il Parlamento è e deve rimanere centrale». Ma il colpo di scena è dietro l’angolo.
Di pomeriggio in commissione Bilancio succede il finimondo. Volano gli stracci in una seduta che procede a singhiozzo e a un certo punto viene sospesa perché ci sarebbero imprecisioni e lacune. Il testo vidimato dalla Ragioneria generale deve nuovamente essere modificato. Nell’ufficio del presidente Daniele Pesco inizia un viavai di sottosegretari scuri in viso, fra gli altri Laura Castelli e Alessio Villarosa, e di tecnici che cercano di mettere una pezza agli errori.
«Eravate quelli della trasparenza», urla la senatrice dem Valente. «Dateci il testo», rincara il senatore Marcucci (Pd) bussando alla porta. Dopo più di mezz’ora si riparte e il clima riesplode quando il sottosegretario Massimo Garavaglia annuncia di voler «stralciare la norma sugli Ncc per mancanza di coperture». «Ma come — si sgola il dem Antonio Misiani —, è stato bollinato dalla Ragioneria generale. È allucinante che il governo voglia ritirarlo con motivazioni inesistenti». Norma che rientrerà però con un decreto «ad hoc» a cui il consiglio dei ministri darà il via libera a notte fonda assieme alla nota di variazione del bilancio.
Eppure, dopo l’ennesimo stop, la maggioranza con il presidente della commissione Pesco tira dritta e mette ai voti il parere sul maxiemendamento con la fuoriuscita in polemica delle opposizioni. Intanto spunta un condono, un saldo e stralcio, così viene chiamato all’articolo 101 e nei commi seguenti. Il dettaglio è che potrebbe impattare sul papà di Luigi Di Maio e l’azienda di famiglia. Il diretto interessato nei giorni scorsi aveva smentito, ma la polemica non è sopita. È previsto per le persone fisiche e per le aziende in liquidazione, purché la procedura sia stata aperta prima della presentazione della dichiarazione per aderire al condono. Intanto la discussione generale può iniziare. Assenti Di Maio e Salvini (che arriverà dopo le 23). Presenti invece il ministro dell’Economia Giovanni Tria e il ministro dell’Agricoltura Gianmarco Centinaio. Pochi attimi di quiete e lo scontro si infiamma. Azzurri e democratici chiedono alla presidente Casellati di convocare la conferenza dei capigruppo «per ristabilire le regole». Richiesta accettata e lì si consuma l’ennesima battaglia sull’ordine del calendario. Che poi continuerà nell’emiciclo tra un «buffoni» e un «vergogna» che si leverà dai banchi di Forza Italia, Pd e Leu. Scoppia una rissa tra la forzista Licia Ronzulli e un drappello di leghisti. Si scontrano anche la renziana Simona Malpezzi e il questore dei Cinque stelle Laura Bottici. Annamaria Bernini, capogruppo di Forza Italia, è furibonda: «Verrebbe voglia di aderire al famoso “vaffaday”. Non ne possiamo più. Non stanno imbavagliando noi ma gli italiani. Di cosa avete paura? Che si veda il contenuto di questa manovra di lacrime e sangue per gli italiani».
Dal Pd Andrea Marcucci annuncia che presenterà conflitto d’attribuzione alla Corte costituzionale per il percorso della manovra. Mentre il senatore Matteo Renzi, ieri in cravatta viola, attacca: «La manovra del popolo è la retromarcia dei populisti». Infuriato anche Francesco Zaffini, senatore di Fratelli d’Italia: «Ferite così profonde non si rimarginano». E poi la «perla» che fa sorridere l’aula pronunciata sempre da Zaffini: «Questo è un atteggiamento pornografico». Le protestano non si placano. Ancora Marcucci, Pd, all’una annuncia che il suo partito non parteciperà al voto. Applausi per Gianluigi Paragone. Si procede fino a notte fonda, alle due i senatori stavano ancora votando. Dopo il via libera del Senato, il testo sarà trasmesso alla Camera per il passaggio finale, previsto il 28 e 29 dicembre.