Forse il funerale alla classe operaia è stato fatto prematuramente e male in un Paese, l’Italia, che è pur sempre la seconda manifattura d’Europa. Forse la magia dell’hi-tech ha catturato i singoli, chini sui cellulari, ma è passata inosservata nel sistema di istruzione nazionale. E forse i soldi spesi nella formazione erano pochi e sono stati spesi male. Maurizio Del Conte, direttore uscente dell’Anpal conferma. «Sono stati sempre pochi ed era difficile anche spenderli, troppi vincoli. Un esempio sono i corsi di inglese: facili ed economici (perché un professore di lingua costa poco), ma necessari. La colpa però — aggiunge Del Conte — è anche delle imprese. Hanno sempre preferito puntare sul basso costo del lavoro piuttosto che sul capitale umano».
Così oggi ci troviamo con un’Italia dove c’è chi cerca lavoro e non lo trova e aziende che non sanno come riempire gli organici. Un paradosso in un Paese dove la disoccupazione giovanile è un’emergenza (31,6%). Un mismatching che secondo l’ultimo rapporto Excelsior di Unioncamere è salito in un solo anno dal 22 al 28%. EnelX, costola di Enel che sta realizzando la rete infrastrutturale per la mobilità elettrica e di Scania, per citare due colossi. E che si riproduce, in piccolo, in quasi tutte le aziende e i settori produttivi. EnelX non trova operai specializzati in grado di montare le colonnine elettriche in Veneto. «Non riusciamo a reperire ditte capaci di farlo», dichiara con amarezza l’ad Francesco Venturini.
Scania non trova né meccanici né autisti. Cerchiamo 500 meccanici di officina — spiega Franco Fenoglio, ad di Scania Italia — ragazzi giovani, che abbiano fatto un istituto tecnico e abbiano voglia di lavorare anche perché le officine non sono più luoghi bui, freddi, con pavimenti scivolosi e uomini con le mani nere di grasso. Oggi sono luoghi caldi, dove tutto si controlla con dispositivi elettronici, tant’è che invitiamo le donne a provare a fare un lavoro che oggi non è più quello di una volta». Un posto di lavoro che vale 2mila euro al mese, più di quanto guadagna un rider, un addetto ai call center.
Fenoglio nato meccanico e oggi ai vertici dell’azienda è convinto che ci sia un problema alla radice. «Ho un pallino — spiega l’ad — tutti sognano di avere un figlio dottore, di farlo studiare, o comunque di metterlo dietro a una scrivania. Ma i lavori possono essere tutti interessanti, basta metterci passione. Una convinzione che dovrebbe partire proprio dalle famiglie».
Meno licei e più istituti professionali o Its è parte della sua ricetta. Vale anche per gli autisti, pagati in Scania 4.500 euro al mese. Nei prossimi cinque anni ne serviranno circa 20mila in Europa, 5.000 in Italia. «E tra una decina d’anni con la guida autonoma — sostiene Fenoglio — gli autisti saranno seduti davanti a un computer». La lista dei lavoratori introvabili non finisce qui. Mancano figure professionali qualificate nelle attività commerciali come nei servizi. Dei medici si sa, quelli che andranno in pensione, dovranno essere sostituiti e i numeri scarseggiano. Rosario Rasizza, presidente di Assosom (che riunisce le agenzie del lavoro) racconta invece chi sono gli operai specializzati più ricercati. Uno è il calderaro, un saldatore capace però di saldare in modalità circolare. Pochi anche i tornitori e i prototipisti. Del Conte, non solo conferma, ma aggiunge. «C’è carenza di traduttori professionisti, di paramedici e di tutte le professioni legate alla cura delle persone, così come di ingegneri».