Una rifocalizzazione forte sul core business in un’ottica di sostenibilità e senza alcuno spazio per operazioni ardite. Con il piano industriale 2019-2021 approvato ieri, i vertici di Cdp, l’ad Fabrizio Palermo e il presidente Massimo Tononi, consegnano un messaggio inequivocabile a quanti, dalle parti della politica, ne hanno evocato in questi mesi l’intervento a ogni pie’ sospinto. E, davanti al ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che parla «di un impulso importante al rilancio dell’economia italiana», si dicono pronti ad attivare oltre 200 miliardi tra il 2019 e il 2021 (il 32% in più del triennio precedente), di cui 111 miliardi assicurati direttamente (+23%) e 92 miliardi (+47%) garantiti, attraverso l’effetto leva, da investitori privati e istituzionali. Uno sforzo imponente, dunque, avendo però come «bussola molto chiara», è la linea scandita dal presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, «l’equilibrio economico-finanziario degli investimenti» e «l’imperativo categorico della prudente amministrazione del risparmio postale, valore non negoziabile».
Nessuna apertura, dunque, a investimenti in perdita, ma «un piano dall’Italia per l’Italia con un obiettivo sfidante» (copyright di Palermo) e con un focus crescente sulle imprese – e, in particolare, sulle pmi e sul loro accesso al credito -, che assorbiranno gran parte dello sforzo (83 miliardi). L’obiettivo, come anticipato ieri dal Sole24ore.com, è di arrivare, da qui al 2021, a 60mila aziende supportate. Sostenendo, per cominciare, l’innovazione con l’ampliamento di finanziamenti a medio-lungo termine (in tandem con le banche) e con interventi più incisivi nel venture capital (anche grazie alla sponda di modifiche normative ad hoc). Mentre, per spingere la crescita, si farà perno soprattutto sul rafforzamento del supporto all’export (polo Sace-Simest) e sul lancio, tra l’altro, di fondi di filiera in tre settori (meccanica, agro-alimentare e white economy).
Con una missione di fondo: creare un accesso unico a tutte le soluzioni del gruppo non prima, ça va sans dire, di aver rafforzato, con almeno un presidio in ogni regione, la presenza sul territorio.
Un approdo, quest’ultimo, irrinunciabile per la Cdp targata Palermo-Tononi. Ecco perché il piano prosegue mobilitando 25 miliardi in tre anni a favore di enti locali e territorio per accelerare la realizzazione delle infrastrutture (mettendo in campo un’unità dedicata, Cdp Infrastrutture, che dovrà affiancare le amministrazioni nella progettazione delle opere), per rafforzare la collaborazione con la Pa (anche attraverso anticipazioni per il pagamento dei debiti alle imprese) e per sostenere i servizi di pubblica utilità (dalla salute all’istruzione).
Poi c’è il capitolo, di recente acquisizione, della cooperazione allo sviluppo. Le risorse stanziate sono 3 miliardi che saranno destinati a progetti nei paesi in via di sviluppo e nei mercati emergenti. Con la Cassa che punta a ritagliarsi, non solo qui, un approccio più proattivo anche attraverso un cambio del suo modello operativo.
Infine, il dossier caldo delle grandi partecipazioni strategiche. Su cui ieri il management si è limitato a fornire l’indirizzo generale: il riassetto sarà portato avanti sulla base di una logica industriale e per settori attività. Il grosso del copione, insomma, è ancora di là da venire.