Non è una classica formazione politica, non è un movimento alla Alberoni ma nell’Italia di fine 2018 il partito del Pil sta svolgendo un ruolo decisivo sia per tenere agganciato il Paese alle traiettorie dello sviluppo globale sia per mantenere alto il tono della democrazia. Utilizzando il lessico del nostro tempo potremmo dire che è una piattaforma dell’economia reale, si muove molto per linee orizzontali, non ha un leader né una tessera numero uno. Il programma è tutto sommato abbastanza lineare: bisogna creare la ricchezza per poterla redistribuire, le competenze sono indispensabili, la crescita ha bisogno di investimenti pubblici e privati, le imprese sono un soggetto decisivo dello sviluppo, l’Italia ha bisogno di un’economia aperta e integrata. Rispetto al passato quando la formula giornalistica più usata per indicare gli interessi del mondo dell’economia era «poteri forti» il partito del Pil non è certo cresciuto nei salotti buoni, né tantomeno è il cucciolo dell’alta finanza. Fatte queste necessarie premesse — e aggiunto che il Pil è un misuratore indispensabile quanto imperfetto — per poterne capire di più conviene individuare gli uomini e le donne che costituiscono, per ora, l’ossatura di questo partito.
In un ipotetico viaggio alla loro ricerca occorre sicuramente partire da Tarino e dalle manifestazioni SìTav. Al centro c’è stata sicuramente la richiesta di non interrompere i lavori della Torino-Lione ma la piazza di Torino ha espresso qualcosa di più, il desiderio di quella che è stata la capitale dell’industrialismo italiano di non rimanere tagliata fuori dai flussi dell’economia moderna, il manifestarsi di una nuova alleanza sociale interclassista fieramente contraria alla decrescita felice. Il successo dei SìTav ha trovato però un prezioso retroterra negli industriali torinesi e nel loro presidente Dario Gallina, l’imprenditore che siede su una delle poltrona «calde» del Novecento. Ha fatto sua l’idea iniziale di Giorgio Marsia) (Aroma) e Corrado Alberto (Api). Ha lavorato di concerto con le altre associazioni di impresa (circa 3o) e ha saputo non solo schierare gli industriali nella battaglia per il treno veloce ma è riuscito a mettere la Tav nell’agenda delle priorità della Confindustria nazionale, come dimostra la riunione dei consigli generali delle imprese che si terrà proprio oggi sotto la Mole. La relazione dei SìTav con la politica è molto tenue, in piazza c’erano esponenti di Forza Italia e del Pd e persino una delegazione locale della Lega ma il movimento ha una sua agenda autonoma e una forte componente moderata. Da Torino ci spostiamo nel Nordest dove a Verona è nato un analogo comitato SìTav. Le vicende dell’alta velocità che dovrebbe collegare Milano e Venezia sono molto meno conosciute anche perché non si riesce ancora a chiudere del tutto la partita della Pedemontana, ma in una manifestazione pubblica a Marghera il Ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina si era dichiarato favorevole al finanziamento dell’opera.
Tav a parte il nocciolo duro del partito del Pil nel Nordest lo si può rintracciare tra Treviso e Padova, grazie anche alla fusione realizzata tra le due associazioni industriali. Qui c’è una Confindustria «di popolo», le assemblee ordinarie sono delle vere adunate di imprenditori. I leader di questo movimento sono Massimo Finco e Maria Cristina Piovesana, presidenti di Assindustria Veneto Centro. Non solo economia Piovesana nei giorni scorsi ha rilasciato una lunga dichiarazione nella quale è andata al di là dei temi della congiuntura economica e ha ricordato il valore della Costituzione e della professionalità in campo politico «per anni additata al pubblico disprezzo». Due passaggi non scontati perla cultura media dell’imprenditore nordestino. Ed era stato Finco a dar il la in un’affollata assemblea di imprenditori alla protesta contro il decreto Dignità, tirandosi dietro nei giorni successivi l’intera Confindustria. Anche altri presidenti delle associazioni territoriali venete possono essere iscritti tra i promotori del partito del Pil. Come Luciano Vescovi di Vicenza (oltre 2 mila imprese associate) ha tuonato contro il governo che «sta giocando d’azzardo sulla nostra pelle e ci sta isolando dal mondo» e il presidente regionale della Confindustria Matteo Zoppas ha più volte ventilato l’ipotesi di manifestazioni di piazza «accanto ai nostri dipendenti». Per capire la portata di queste posizioni, il loro strappo, bisogna ricordare lo straordinario appeal della Lega sia nella versione Salvini sia in quella tradizionale di Luca Zaia.
Non di sola Confindustria si nutre il partito del Pil a Nordest. Anzi. II presidente della Confartigianato veneta, Agostino Bonomo, è stato tra i primi a esprimersi in maniera critica nei confronti del governo gialloverde. Ha avuto l’onestà di contrastare i No Euro ricordando i legami commerciali e di fornitura che uniscono il Nordest alla locomotiva tedesca e più recentemente ha lanciato l’idea di una mobilitazione degli artigiani del Nord. È riuscito a portare dalla sua i vertici nazionali della sua organizzazione, il presidente Giorgio Merletti in testa, fino a individuare come punto di approdo l’organizzazione di una grande manifestazione a Milano per il 1,3 dicembre.
Del resto un partito del Pil può prendere forza dai territori ma non può prescindere dal presidio di Milano. E un punto di forza è rappresentato sicuramente dall’Assolombarda guidata da Carlo Bonomi. La sua relazione all’assemblea annuale si presta ad essere adottato come una sorta di manifesto del partito del Pil. Citando Winston Churcill («Assolombarda non ama i rinvii, le mezze misure, gli espedienti») Bonomi ha fatto a pezzi la manovraTYia e ha riproposto gli industriali come classe dirigente capace di interpretare il sentimento e le aspettative delle nuove élite milanesi della competenza e delle reti. In grande sintonia con Milano si muove anche il cuore manifatturiero della Lombardia. II presidente regionale della Confindustria Marco Bonometti è stato molto attivo e incisivo («non siamo pro o contro il governo a prescindere ma adesso rischiamo di farci male sul serio»), e il presidente di Brescia, l’industriale siderurgico Giuseppe Pasini, ha denunciato come all’assemblea dei suoi iscritti nessuno del governo avesse avuto il coraggio di farsi vivo. «I politici hanno perso un’occasione per conoscere da vicino una parte così strategica del Paese, è un segno allarmante di scollamento dall’Italia che produce. Ci faremo sentire in tutti i modi».
In Emilia-Romagna gli industriali per affermare le proprie ragioni hanno scelta una via che potremmo definire pedagogica: portare in fabbrica i parlamentari eletti nella Regione. La cosa ha funzionato a metà, i 5 Stelle non si sono presentati nonostante abbiano ben 12 tra deputati e senatori. «Ci considerano dei privilegiati e non vogliono capire la fatica che c’è dietro il successo di un’impresa» ha replicato il presidente Piero Ferrari. Da iscrivere d’ufficio al partito del Pil è sicuramente l’iniziativa di petizione popolare lanciata dal presidente di Federmeccanica, Alberto Dal Poz, per l’alternanza studio-lavoro e perla formazione 4.0. II governo in materia sta pasticciando, Casaleggio elogia la blockchain e intanto Di Maio smantella il 4.0. È una contraddizione in seno al popolo? In attesa di capirne di più Dal Poz ha deciso di ricorrere alla raccolta firme, una modalità mai usata in passata dai confindustriali. Su posizioni analoghe si muove anche Manageritalia che organizza dirigenti e quadri e a dimostrazione di come la piattaforma cha abbiamo chiamato partito del Pil non sia fatta di soli industriali c’è da ricordare la presenza di ordini professionali e iscritti alle mobilitazioni per l’alta velocità. E il sindacato? La Cgil è impegnata nella preparazione del suo congresso nazionale, a Torino l’organizzazione si è divisa tra Fiom (contrari) e Fillea (favorevoli) ma Susanna Camusso e Vincenzo Colla sono stati netti: siamo a favore delle grandi opere. Più lineare e coerente la posizione pro-crescita della Cisl ribadita a più riprese dal segretario Annamaria Furlan e una delle anime del partito del Pil, per dinamismo e vivacità intellettuale è sicuramente il segretario della Fim Marco Bentivogli.