La Laguna, San Marco, e ogni singolo canale-rio-calle che contribuisce a fare di Venezia un patrimonio (fragile) dell’umanità. Dall’altra parte: le polemiche sul Mose, sulle Grandi Navi sì o no, sull’eccesso e gli eccessi di un turismo che rischia di asfissiarla del tutto, la Serenissima. Tutte cose che sappiamo. È traffico di merci e di persone. Via mare, via cielo (oltre che via terra, ovviamente). E questo, tradotto, prima di tutto e più che per autostrade o ferrovie significa: infrastrutture, logistica, organizzazione. Il porto. Gli aeroporti.
Come funzionino i secondi, dietro le quinte del check-in, più o meno ce lo possiamo immaginare: i tre scali del «polo del Nord Est» (Venezia-Treviso-Verona, cui per la verità andrebbe aggiunto Brescia) lo hanno raccontato e mostrato un po’ più da vicino. Qualcosa che però normalmente non immaginiamo c’è. Avete presente quello che in aeronautica chiamano bird-strike, e che è poi il rischio di impatto contro gli uccelli in fase di decollo? Se il motore li «assorbe», i volatili, è un guaio. E non c’è tecnologia che tenga: andiamo nello spazio come si trattasse semplicemente di passeggiare, ma senza un falconiere (al Marco Polo, a Mestre, ci sarà) il problema non si risolve. Non con la stessa efficacia, almeno.
Con il porto è diverso. È fatto di tanti mondi, quasi tutti invisibili anche dal ponte di una nave da crociera. Arriviamo, sbarchiamo, e non abbiamo idea di quante persone e quanta tecnologia servano per la gestione dei viaggiatori, dei loro bagagli, della stessa nave. Idem (ma da moltiplicare, quanto a complessità) se dal terminal passeggeri si passa a quello per le merci.
Non a caso sono due dei quattro percorsi organizzati per Open Factory dall’Autorità portuale, che coordina il tutto: il porto vero e proprio, quello che tutti noi abbiamo in mente quando pensiamo a Venezia, i due scali (Venezia Terminal Passeggeri e il Multi Service di Marghera), la Venezia Heritage Tower, costruita nel 1938 come torre di raffreddamento e diventata, oggi, polo culturale «ponte» tra il passato dell’economia territoriale e il presente-futuro delle «trasformazioni permanenti». Qualche numero, a questo punto, per visualizzare di cosa parliamo quando diciamo «Porto di Venezia»: 1.200 imprese, 16 mila persone che ci lavorano, oltre due milioni di tonnellate di merci movimentate ogni anno. Una classica (quasi) company town.
*L’Economia, 12 novembre 2018