Almeno per il momento il numero chiave resta quello: 2,4% come rapporto fra deficit e Pil, il Prodotto interno lordo. Salvo sorprese dell’ultima ora, il ministro dell’Economia Giovanni Tria dovrebbe confermare oggi il livello di deficit all’Eurogruppo, la riunione dei ministri dell’Economia dell’Unione Europea, in programma alle 15 a Bruxelles. Il fine settimana è stato fitto di contatti tra lui, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio.
Tria era ed è ancora pronto a dare un segnale di apertura dopo la mano tesa dal presidente dell’Eurogruppo, il portoghese Mário Centeno, che aveva chiesto di mettere per iscritto un livello di deficit più basso come condizione per evitare una procedura di infrazione da parte della Commissione. Ma per Salvini e Di Maio quel numero non si cambia, come del resto l’impianto della manovra. E, se così sarà, sembra difficile evitare il muro contro muro tra Roma e Bruxelles.
Nell’incontro di oggi Tria dirà che quel 2,4% è solo il livello massimo di deficit che potremmo raggiungere nel 2019. E che alla fine il deficit «effettivo» potrebbe essere più basso visto che due misure di peso, come il reddito di cittadinanza e la «quota 100» per le pensioni, non partiranno a gennaio ma più in là. Anzi, ma questo Tria non lo dirà, le continue tensioni tra le due anime del governo, quella leghista e quella del M5S, mettono anche in dubbio la loro reale partenza. In ogni caso la distinzione tra un possibile deficit «effettivo» e quello indicato nella Nota di aggiornamento al Def non è quello che si aspettano i ministri dell’Eurogruppo, in particolare quelli dei Paesi del Nord. E per trovare un compromesso capace di evitare una nuova procedura d’infrazione anche l’Italia dovrebbe cedere qualcosa. Ma secondo Salvini e Di Maio quel numero non si tocca. Anche perché, come hanno sottolineato nei contatti di questo fine settimana, il deficit serve pure a sostenere quegli investimenti necessari per far fronte al dissesto idrogeologico, che in questi giorni ci ha riportato sotto gli occhi la fragilità del nostro territorio e lo scarso rispetto delle regole. Il problema non è soltanto nei numeri, però.
La questione è tutta politica. Secondo il ministro tedesco dell’Economia, Olaf Scholz, un segnale di apertura all’Italia potrebbe anche arrivare ma solo se accompagnato dall’impegno dello stesso governo di Roma a rispettare tutte le regole europee. Mentre da parte dell’Italia la preoccupazione non è soltanto per l’incontro di oggi e per il successivo giudizio della Commissione europa. Quanto per la proposta avanzata dai dieci Paesi del Nord dell’Ue, la cosiddetta Lega Anseatica, per l’introduzione di nuove regole in caso di intervento del fondo Esm per aiutare Stati membri in difficoltà. Secondo questi Paesi, che vanno dalla Svezia alla Lituania passando per la Repubblica Ceca, ci dovrebbero essere delle perdite per gli investitori privati quando il debito pubblico è giudicato non sostenibile. E, dopo la Grecia, l’Italia ha sempre il debito pubblico più alto.