L’economia italiana nel terzo trimestre di quest’anno è risultata stagnante, ha certificato ieri l’Istat e nello stesso giorno il Tesoro ha reso pubblica una nuova lettera dell’Unione Europea, inviata due giorni fa, che chiede «di fornire una relazione sui cosiddetti “fattori rilevanti” che possano giustificare un andamento del rapporto debito/Pil con una riduzione meno marcata di quella richiesta». La risposta è attesa entro il 13 novembre. I numeri mettono pressione sulla legge di Bilancio, ma il premier Giuseppe Conte da New Delhi la difende: «È uno stop congiunturale, riguarda l’intero quadro dell’economia europea. Lo avevamo previsto ma proprio per questo abbiamo deciso di fare una manovra espansiva».
L’Istat stima per il terzo trimestre 2018 una crescita rimasta invariata rispetto al trimestre precedente e pari allo 0,8%. È il primo stop da quando nel 2014 l’economia italiana è ripartita. Questo risultato, spiega l’istituto di ricerca, è «giunto dopo una fase di progressiva decelerazione della crescita e implica un abbassamento del tasso di crescita tendenziale del Pil, che passa allo 0,8% dall’1,2% del secondo trimestre». Per l’Istat la stima riflette la debolezza dell’attività industriale che si è manifestata nel corso dell’anno dopo una fase di intensa espansione «appena controbilanciata dalla debole crescita degli altri settori». Uno scenario sostanziato anche dal peggioramento della fiducia delle imprese a ottobre. Rallenta la crescita anche nell’eurozona: +0,2% e +0,3% nella Ue a 28. Su base annua il Pil è cresciuto di 1,7% nella zona euro e 1,9% nella Ue a 28, in frenata rispetto al +2,2% e +2,1% stimati nel trimestre precedente.
Il dato sul Pil si è fatto sentire sullo spread che è risalito a 312 punti e anche sulla Borsa di Milano, che stava salendo dello 0,6% quando sono stati comunicati i numeri Istat. È arrivata a perdere lo 0,7% per poi chiudere a -0,22%. Il pessimismo dei mercati verso le stime sulla crescita della legge di Bilancio ha toccato anche il mercato primario dei titoli di Stato. L’asta di ieri ha visto un balzo dei rendimenti del Btp a 5 e 10 anni, tornati ai massimi da quasi cinque anni, che hanno raggiunto rispettivamente il 2,53% e il 3,36%. Secondo fonti di mercato, la sola asta di ieri sui Btp è costata al Tesoro, per colpa dello spread, 689 milioni di euro in più rispetto a quanto sarebbe costata sei mesi fa.
A luglio la commissione Ue aveva già rivisto al ribasso le previsioni di crescita per l’Italia dall’1,5 all’1,3%, sempre su base annua contro una prospettiva di crescita della zona Ue del 2,1%. Secondo Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio dei conti pubblici, dopo i dati Istat sul Pil nel terzo trimestre l’obiettivo per il 2019 dell’1,5%, ipotizzando uno 0,1% nell’ultimo quarto dell’anno, diventa «più difficile da raggiungere». Una preoccupazione che porta Federconsumatori a chiedere al governo che «si attivi con urgenza per definire misure improntate alla ripresa e alla crescita» mentre per l’Unione consumatori «deve rifare i conti». Per il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia se mancherà la crescita nei prossimi mesi sarà «colpa esclusiva di questo governo». /Il vicepremier Luigi Di Maio ha difeso la legge di Bilancio spiegando che «il risultato del 2018 dipende dalla manovra approvata a dicembre 2017, che è targata Partito democratico». Per Salvini «se il Pil rallenta è perché quelli di prima obbedivano a Bruxelles».