Palati pronti e occhi aperti. Al We-Food anche Berto’s, le cucine degli chef famosi. Enrico Berto, con quali effetti speciali ci stupirete il 3 novembre a Tribano?
Noi realizziamo gli strumenti del gusto. Gli effetti speciali li farà Emanuele Scarello (due stelle Michelin) interprete di altissimo livello della cucina friulana. Lo vedremo all’opera, ne assaggeremo le ricette, visiteremo la fabbrica.
Ritiene utile questa iniziativa?
Certo. La fabbrica deve aprirsi al pubblico. È momento di contatto, occasione per farsi conoscere. La politica non sta parlando di sviluppo, innovazione, progresso, mentre rimettere le aziende al centro è importante. Utile quindi far parlare le nostre realtà per valorizzarle e capire come renderle più forti e propositive.
Berto’s è industria 4.0, processi snelli, bonus bebè, attenzione alla green economy. Come si traduce nei fatti?
Non sono slogan ma valori da vivere. Pensiamo davvero che il futuro sia fabbriche più organizzate, con tecnologie sicure dove l’uomo svolge meno lavori manuali e più controllo di gestione e innovazione. La fabbrica è un ambiente abitato da molte persone per molte ore al giorno. Se ne deve avere riguardo.
Oltre a tecnologia anche entropia?
La tecnologia deve lasciarci libertà di usare tutti gli strumenti a disposizione. L’entropia dà spazio alle persone e alla creatività. Un po’ di confusione ci vuole, sennò sai che noia.
Antonino Cannavacciuolo, Alessandro Borghese, Moreno Cedroni vi aiutano a realizzare le loro cucine?
Certo. Sono tutte su misura. Non siamo così grandi e questo ci permette di avere un rapporto diretto coi nostri clienti. Attenzione all’alimentazione, al sapore e all’equilibrio dei cibi.
Come fate?
Lavoriamo con tecnologie che controllano la temperatura. Le cucine servono per scaldare cibo e più si controlla questo processo meglio è. Grazie all’elettronica si preparano cibi di maggiore qualità e meno produzione di sostanze dannose.
*Il Mattino di Padova, 26 ottobre 2018