Nel processo di metamorfosi del nostro articolato comparto manifatturiero a trazione territoriale vi sono contesti che hanno saputo interpretare il cambiamento praticando la discontinuità della modernizzazione nella continuità di un solco storico consolidato.
Si prenda il caso del mitico distretto delle ceramiche di Sassuolo dove imprenditori e portatori di interessi parlano ancora con orgoglio di “distretto”, ben sapendo quanto il significato del termine si sia evoluto specie in seguito al debutto della grande crisi del 2008. Stiamo parlando di un sistema produttivo che fattura 5,5 miliardi di euro all’anno, con 20mila addetti, 80% di prodotto esportato, 7,4% di investimenti in innovazione tecnologica sul fatturato. Parlando con gli imprenditori locali appare evidente come un prodotto hard, ottenuto da un processo produttivo dirty, come la piastrella incorpori oggi saperi sofisticati sotto il profilo tecnico e creativo, mentre i processi produttivi abbiano raggiunto livelli di efficienza energetica e di compatibilità ambientali decisamente alti.
Il valore aggiunto della piastrella made in Sassuolo, in altre parole, è ormai composto da elementi intangibili che si traducono in fatturato nel connettersi nelle supply chain globali, che passano dai grandi studi di architettura, quanto dai grandi appalti internazionali del real estate. Dal punto di vista geoeconomico e funzionale il vecchio distretto della ceramica di Sassuolo si è evoluto in sottosistema di una piattaforma territoriale che va ben oltre i confini amministrativi e che configura una città-distretto. Per quanto naturalmente imperniato sul nucleo produttivo che ha nell’impresa il tondino di ferro e nella rete distrettuale la sua armatura primitiva, l’evoluzione del sistema delle produzioni ceramiche è stata resa possibile da un sistema di attori che operano a supporto dell’impresa.
Queste funzioni per competere sono localizzate sull’asse emiliano Reggio Emilia, Modena, Bologna: credito, sistema universitario (Unimore, Alma Mater, con le rispettive articolazioni territoriali), sistema espositivo (Cersaie), servizi per la mobilità rapida (Alta velocità, aeroporto, etc.), sistema fondazionale, sistema della rappresentanza delle imprese.
Sotto il profilo funzionale il comparto produttivo ceramico si intreccia poi con quello della meccatronica, dell’automotive, del biomedicale e del tessile, tutti nuclei dei vecchi distretti che si sono riqualificati aprendosi alla competizione globale facendo perno sulla medesima struttura funzionale di piattaforma, che ricomprende tutto l’asse Piacenza-Bologna.
Una piattaforma, quella della Via Emilia, che insieme alle due pedemontane (lombarda e veneta) costituisce il “Lover”, ovvero il cuore produttivo manifatturiero del Paese, che ha nella rete delle città medie poli di servizio strategici, come ha giustamente evidenziato in una recente intervista Arnaldo Bagnasco, che parla di «ascesa delle città». Da questo punto di vista non c’è dubbio che un po’ ovunque nel “Lover” sia chiaro come Milano, facendo da magnete terziario anche su Torino, rappresenti la porta principale di ingresso dei flussi globali che impattano nei sistemi produttivi territorializzati nelle piattaforme e da commutatore di opportunità in entrata ed in uscita. Ma senza una rete di città intermedie questo gioco delle scale territoriali non potrebbe funzionare.
Ancora una volta l’architettura funzionale del nostro modello di capitalismo, il nostro modo di governare i flussi di merci, informazioni e persone, passa dalla dimensione territoriale intermedia che intesse con intelligenza la trama delle relazioni produttive e le integra nelle società locali.
Tornando a Sassuolo questa tendenza appare piuttosto chiara anche in relazione alla sfide del presente e del futuro: governo dei processi di digitalizzazione, governo dei saperi necessari al funzionamento della macchina produttiva territoriale, governo dei cicli finanziari, governo dell’innovazione nel campo della logistica e delle infrastrutture sono tutte partite che si giocano a livello di piattaforma a partire dalla costellazione delle tante città distretto sulle quali occorre continuare ad investire per alimentarne l’intelligenza sociale diffusa, la capacità di interpretare i cambiamenti in rapporto con un mondo che cambia del quale non avere paura.