Il maestro Vincenzo Deluci è un noto jazzista, tetraplegico a causa di un incidente stradale. Ma è tornato a suonare la tromba grazie a un riadattamento molto particolare del suo strumento. La scienza l’ha aiutato. Dove non arriva la meccanica – non sempre ce la si può cavare con un semplice supporto – l’informatica fa il resto. Convertendo, per esempio, la pressione di un dito, ormai incapace di percuotere una corda ma ancora capace di tastare un interruttore, nel segnale audio di una chitarra o di un’arpa.
Questo piccolo miracolo si chiama «Musical instruments for persons with disabilities» ed è uno dei progetti della Onlus «Informatici Senza Frontiere». Per tre giorni Rovereto ha ospitato la seconda edizione del Festival che prende il nome dell’associazione con dibattiti, laboratori e incontri sull’uso sociale della tecnologia, «per la democrazia digitale e contro il digital divide». Le nuove tecnologie diventano, quindi, un motore del «progresso collettivo e non solo di un’élite di cittadini, per esempio i normodotati o chi ha molti mezzi in grado di accedere a determinate apparecchiature».
È questo il messaggio dell’evento, secondo Filiberto Zovico, fondatore di ItalyPost, il portale di approfondimento sul mondo delle imprese e dei territori che promuove il Festival con il sostegno del Comune di Rovereto, della Provincia autonoma di Trento e la partnership di Dedagroup. «Pensiamo per esempio anche agli anziani – precisa Zovico -. Il mondo oggi si consulta da uno smartphone e le applicazioni ci dicono come muoverci nel traffico o ci danno le ultime notizie: tutto questo deve essere anche alla loro portata». Così «Anch’io digitale», tra i progetti dell’associazione, offre strumenti dedicati alla terza età con i quali gestire da casa acquisti e prenotazioni o per facilitare la comunicazione con parenti e amici lontani.
Fanno parte degli «Informatici senza frontiere» specialisti che hanno lavorato in grandi aziende del settore, accanto a imprenditori, cervelloni free-lance e volontari, ognuno con una «expertise» specifica. Tra gli ospiti, a Rovereto, ha partecipato alla manifestazione anche Matteo Flora, fondatore di «The Fool», una «Digital reputation company» specializzata neltrattamento delle identità in rete: se siete gelosi della vostra reputazione o avete avuto problemi con la legge, ma siete completamente riabilitati, avete chiuso con un passato ingombrante e vi state appellando al diritto all’oblio, la sua società è in grado di eliminare tutti i vostri «avatar». E così per la rete non sarete mai esistiti. Potete ricominciare daccapo. Anche questo è uso sociale dell’informatica.
A volte, però, il problema può essere opposto: confidiamo di dematerializzare tutto per consumare meno carta, spazio e risorse e confinare i dati nel «cloud». Ma, se un giorno la rete e i supporti magnetici facessero cilecca, non rimarrebbe nulla: opere letterarie, musica, film e documenti video sarebbero persi. E allora come prepararsi? A questo problema il Festival ha dedicato uno spazio con Luciano Ammenti, consulente per la conservazione digitale a lungo termine, Michele Lanzinger, direttore del Muse, il Museo delle Scienze, e Roberta Svanetti, della «Digital Knowledge Life Dedagroup».
E ci sono state tante altre iniziative. Quadri «tattili», per esempio, per apprezzare l’arte, capaci di trasmettere il senso della profondità a ciechi e ipovedenti e con «recettori» che si attivano al passaggio delle dita per inviare informazioni alle cuffie. E anche workshop per creare aule di informatica e biblioteche virtuali: serviranno ai bambini del Mozambico e permetteranno loro di avere un’istruzione degna del XXI secolo. E non sono mancati i corsi di «trashware»: lì si imparerà a recuperare hardware datato ma ancora efficiente per enti no-profit che non hanno troppi euro da spendere.
*Tutto Scienze, 10 ottobre 2018