Il «sì» di Matteo Salvini è netto, addirittura squillante. Risponde sì ai cronisti che gli chiedono se i partiti sovranisti europei avranno un loro candidato unico alla presidenza della Commissione Ue per le elezioni 2019: «Ci ragioniamo e ci lavoriamo, e tra noi lo chiedono in tanti». Il vicepremier è a Lione, al G6 dei ministri dell’Interno europei: «Ne ho parlato anche con Marine Le Pen — aggiunge — ma siamo a ottobre e io sto lavorando per l’Italia alla manovra economica». Come dire: la questione non è ancora maturata nei dettagli. Però, appunto, «è ragionevole che ci sia una prospettiva di Europa diversa. Se i popolari avranno Weber e i socialisti non si sa chi, mi parrebbe del tutto normale che anche noi arrivassimo a quello».
Attenzione, la partita è tutt’altro che in discesa. Se è certamente vero che dello spitzenkandidat Salvini e Le Pen hanno parlato, durante la sua visita romana di lunedì la leader del Rassemblement National si è guardata bene dal prendere posizione. Anzi, ha vistosamente ignorato la domanda. Peraltro, per formare l’Enf, il gruppo degli euro critici al Parlamento europeo, fu necessario più di un anno di trattative e di false partenze. E il gruppo si costituì soltanto dopo l’uscita dall’Ukip di Nigel Farage della parlamentare Janice Atkinson. Come dire che la galassia sovranista ha ancora bisogno di rodaggio prima di riuscire a coordinarsi a livello internazionale.
Ma il quadro, spiega il ministro Lorenzo Fontana, «oggi è completamente cambiato. In primo luogo, noi stiamo trattando con molti più partiti di quelli che compongono l’Enf attuale: oltre a Germania, Austria, Olanda, fiamminghi e romeni, il dialogo con cechi, danesi, sloveni e parecchi altri è fittissimo». E a differenza che nel passato, prosegue il ministro, «il baricentro dell’alleanza non è più Marine Le Pen, nazionalista in senso classico, ma la Lega. Che invece punta a diffondere in tutta Europa la consapevolezza identitaria. Per fare una coalizione il più vasta possibile con un obiettivo che noi pensiamo a portata di mano: battere i socialisti».
Resta il fatto che anche Salvini, così come Marine Le Pen, appare meno vicino di qualche tempo fa alle posizioni del sulfureo Steve Bannon, l’ex comunicatore di Donald Trump che con il suo The Movement punta a un vasto raggruppamento di forze sovraniste trasversale all’intera Europa. Il capo leghista non pensa affatto a liste unitarie in tutto il vecchio continente, e lo ha ribadito a più riprese. Un leghista di stretto rito salviniano rende il clima così: «Un tempo, quando Matteo incontrava la Le Pen, era lui a dirlo pubblicamente in tutti i modi. Ora, anche quando ha recentemente incontrato Bannon al Viminale, la notizia è stata fatta filtrare dello staff dello stesso Bannon». Allo stesso modo, l’adesione di Salvini a The Movement è stata annunciata non certo dal leader leghista ma da Mischael Modrikamen, il cofondatore del Partito del popolo belga.
Ma il campo da gioco sovranista prevede anche altri scenari. Il capo leghista, infatti, ha ufficialmente smesso di considerare i popolari europei come dei nemici: «L’unica preclusione sono i socialisti». La possibilità che al congresso del Ppe di novembre prevalga la destra del partito (vedi Orbán) sull’anima tradizionale dei popolari europei incarnata da Angela Merkel apre gli scenari di una Commissione a trazione decisamente populista in cui già si comincia ad almanaccare sui possibili commissari.
Resta il non detto che tutti i leghisti si limitano a pensare o a dire sottovoce: «Il leader naturale di tutti i partiti sovranisti europei non può che essere Matteo Salvini». Argomentando che ormai la Lega è «di gran lunga la forza di maggior successo nella sua area politica». Certo, resta da vedere quanto Salvini ambisca a fare una corsa del genere ora che è il vicepresidente del Consiglio italiano.