Dall’ultimo vertice di palazzo Chigi il quadro di finanza pubblica esce riscritto ancora una volta, con un deficit che dal 2,4% previsto per il 2019 cala all’1,8% nel 2021 passando per il 2,1% del 2020.
Questa nuova curva aumenta la riduzione del debito messa in programma. Il 2018 si chiude al 130,9%, tre decimali sotto il livello dell’anno scorso aggiornato due settimane fa dall’Istat, e per i prossimi tre anni viene indicata una discesa intorno all’1,4% all’anno destinata a portarlo secondo quanto dichiarato dal premier Conte al 126,5% nel 2021. La revisione degli obiettivi di deficit e debito lima le ambizioni di crescita, i cui numeri sono stati i grandi assenti nella conferenza stampa di ieri. Il target punta all’1,5% l’anno prossimo, per salire all’1,6% nel 2020 e fermarsi all’1,4% nel 2021: numeri che saranno subito messi sotto esame dall’Ufficio parlamentare di bilancio, l’Authority che giudica le previsioni governative. Un quadro del genere incorpora gli effetti delle clausole Iva, che verrebbero sterilizzate per il prossimo anno restando però in vigore per i due successivi. Il ministro dell’Economia Tria ha provato in questi giorni a far costruire una clausola alternativa sulla spesa. Ma il tentativo si è scontrato con il fatto che avrebbe determinato un effetto recessivo maggiore. Anche l’anno prossimo, quindi, bisognerà trovare il modo per evitare l’aumento di pressione fiscale incorporato nel programma.
I numeri ufficiali, al contrario di quanto annunciato ieri sera del vicepremier Di Maio, saranno però inviati al Parlamento solo oggi pomeriggio, dopo l’ennesimo tuffo nelle tabelle agli uffici del ministero dell’Economia. In mattinata partirà la lettera a Bruxelles per motivare le scelte finali del governo e aprire il confronto sull’aggiustamento. Il deficit strutturale, cioè la cifra al netto di una tantum ed effetti del ciclo messa sotto esame dalla Ue, rimane molto lontano dai livelli concordati a suo tempo. Ed è destinato a restare sopra l’1% per tutti e tre gli anni. Il deficit nominale all’1,8% nel 2021 non basta infatti a riportare il dato strutturale sotto quella quota perché nel frattempo la crescita chiude la distanza con il potenziale (output gap), alla base del meccanismo europeo che riduce le richieste di correzione quando l’economia rallenta. Ma rispetto all’ipotesi del 2,4% fisso nel triennio prova a costruire un percorso di convergenza invece di allontanarsi progressivamente negli anni.
Nonostante la nuova curva del deficit, del resto, proprio la crescita si conferma il gancio a cui punta ad appendersi la manovra. «L’anno prossimo dimezzeremo il gap con la media europea», rilancia Tria nelle dichiarazioni alla stampa dopo l’ultimo summit a Palazzo Chigi. E la spinta, nelle intenzioni del governo, rimane affidata ai consumi interni e soprattutto al rilancio degli investimenti pubblici il cui programma non paga pegno al ridisegno della curva del deficit. In calendario resta la progressione dai quasi 4 miliardi in più dell’anno prossimo ai 6,5 del 2021. E il compito di tradurli in pratica sarà affidato alle semplificazioni procedurali e alla task force centrale per sostenere i progetti delle Pa. Per gli enti locali è in arrivo invece la riforma del pareggio di bilancio chiamata a liberare in modo strutturale gli «avanzi», cioè i risparmi finora congelati nei conti locali.
Per far tornare i conti la manovra dovrà in ogni caso trovare almeno 9-10 miliardi di coperture da aggiungere ai 27 di deficit aggiuntivi. Anche perché tra blocco degli aumenti Iva, frenata congiunturale e spread il disavanzo di partenza del 2019 sale intorno al 2%. Per i due anni successivi il problema è più leggero, ma solo per il momento. Le clausole Iva residue varrebbero 19,1 miliardi nel 2020 e 19,6 nel 2021, quindi oltre un punto di Pil all’anno. Ma salvo sorprese la sfida per toglierle dall’ordinamento è rinviata all’anno prossimo. Quando si dovrà riprendere in mano il dossier Irpef, che potrà camminare davvero solo se accompagnato da un taglio robusto a deduzioni e detrazioni. Una prima potatura dovrebbe arrivare già nella prossima manovra, che dovrà anche modulare nel nuovo quadro di finanza pubblica misure caratterizzate da spesa rigida come il reddito di cittadinanza e le pensioni. Anche per questo dalla Nota definitiva potrebbe arrivare oggi qualche sorpresa su vincoli alla platea e calendario di avvio .